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Domenica delle Palme

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 1 apr 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Inizia oggi il tempo più sacro della cristianità. Con la domenica delle Palme si apre la settimana santa in cui ci accostiamo da vicino a quelli che sono gli eventi della fede. Come dicevo le domeniche scorse la fede non è un insieme di norme, leggi, sacramenti, prassi, preghiere, contenuti, morali, tradizioni, valori, ecc… Ma la fede è testimonianza di un incontro che o c'è stato o non c'è stato. Sulla testimonianza di qualcun altro noi iniziamo un cammino, ma poi l'incontro deve essere nostro e personale.

Il senso del battesimo è esattamente questo: i nostri genitori testimoniano che quell'incontro è reale e partendo da lì noi dovremmo cominciare il nostro percorso personale.

La domanda che vi faccio esplicitamente oggi, a ciascuno di voi personalmente, è questa: hai incontrato Cristo? Quando e dove?

Se non sappiamo rispondere a questa domanda fondamentale allora la risposta è palesemente negativa.

Se la risposta è negativa vuol dire che non possiamo ancora avere fede, ma che forse neanche abbiamo ancora iniziato a camminare.

La storia di ciascuno di noi in quanto cristiani è una storia di discepolato cioè di apprendisti e amici che hanno una relazione con qualcuno, ma questa relazione deve essere esistente.

Il Profeta nella prima lettura ha detto "Il Signore mi ha dato una lingua da discepolo perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato".

Il discepolo è colui che imita il maestro nel modo di guardare, di ascoltare, di parlare e di agire. Qual è il modo di fare di Cristo? La storia dei Vangeli è chiara, ma proviamo a riassumerlo come ha fatto San Paolo quando dice "Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso assumendo la condizione di servo, divenendo simile agli uomini".

Questo processo di svuotamento i teologi lo chiamano kenosis. È esattamente il processo di Dio che da se stesso esce per creare delle creature inferiori a lui e con cui vuole relazionarsi, è il processo che porta Dio a uscire così tanto da sé da farsi un essere umano, è il processo che porta Dio dal farsi umano al farsi pane e vino, è il processo di abbassamento che porta il Dio immortale a farsi ammazzare sulla croce.

Questo continuo abbassamento e svuotamento ha lo scopo di raggiungere tutti gli esseri umani.

I cristiani come stile di vita dovrebbero avere l'abbassamento sullo stile di Cristo, che non è un abbassamento triste perché Gesù vive tutto di ciò che è umano.

Gesù vuole vivere tutto: dal nascere al crescere, dall'avere amici al perderli, dallo stare bene all'ammalarsi, dall'essere accolto al venire crocifisso e morire.

Il cristiano deve avere chiaro che il processo di abbassamento non è un processo di umiliazione, ma di grandezza e di umanità.

Gesù non ha ritenuto nulla un tesoro geloso e non ha trattenuto nulla nonostante la sua condizione di Dio. È così lontano dal nostro modo di vivere la dimensione umana e la dimensione cristiana.

Dal maestro non sentiremo mai fare discorsi che escludono un'altra persona perché immigrata, musulmana, profuga, povera… men che meno sentiremmo da lui un giudizio sull'altra persona solo perché vive uno stile di vita profondamente diverso dal nostro. Lui si è fatto crocifiggere per ciascuno di noi e si è umiliato facendo in modo di passare la sua eternità sia col Padre che contemporaneamente nel pane eucaristico che noi spesso trattiamo peggio che un alimento da pasto.

Gesù si è dato e continua a darsi come alimento corporale e spirituale.

"Prendete, mangiate: questo è il mio corpo" dice Gesù nel Vangelo di oggi. Non si preoccupa, come giustamente facciamo noi, della pulizia delle mani. In Gesù non c'è nessuna velleità spirituale o igienista e quindi non lo sentiremo mai dire "aprite la bocca che vi imbocco perché non siete degni di toccare il pane eucaristico".

Si mette a nostra disposizione in semplicità e si lascia toccare da tutti con buona pace dei fissati religiosi e dei visionari. Si lascia flagellare da tutti, ancora oggi, attraverso i nostri peccati. Si lascia uccidere dalla nostra indifferenza, dalla nostra bestemmia e dal nostro falso cristianesimo perbenista che lascia morire le persone in mare.

Quello che ci ha raccontato la liturgia oggi è il ribaltamento di qualunque evidenza: l'ingresso trionfante diventa tragedia e la tragedia diventerà nella resurrezione il punto più alto e luminoso.

In conclusione ascoltiamo cosa dice San Cirillo di Gerusalemme, padre della chiesa dal IV secolo, rispetto al modo di accostarsi all'Eucaristia:

"Quando ti avvicini, non avanzare con le palme delle mani distese, né con le dita disgiunte; invece, fai della tua mano sinistra un trono per la tua mano destra, poiché questa deve ricevere il Re e, nel cavo della mano, ricevi il corpo di Cristo, dicendo Amen. Santifica dunque accuratamente i tuoi occhi mediante il contatto con il Corpo Santo, poi prendilo e fai attenzione a non perderne nulla. Se ti dessero delle pagliuzze d’oro, non le prenderesti con la massima cura, facendo attenzione a non perderne nulla e a non danneggiarle? Non farai dunque assai più attenzione per qualcosa che ben più prezioso dell’oro e delle pietre preziose, in modo da non perderne neppure una briciola? Dopo esserti comunicato al corpo di Cristo, […] aspettando l’orazione rendi grazie a Dio che ti ha stimato degno di così grandi misteri".

Questo è un grande insegnamento su come vivere tutta la liturgia, ma ancora di più è un insegnamento su come vivere la vita stando davanti al Cristo che abita nei fratelli e le sorelle cioè con la stessa cura, delicatezza, attenzione e dedizione.

Invece di farci prendere dalle maniere religiose, da sterili tradizioni e da rigidità di qualsivoglia natura, impariamo che c'è unità tra liturgia e vita e se non c'è unità significa che qualcosa è una bugia. O la liturgia celebra ciò che viviamo e la vita esprime ciò che celebriamo oppure siamo dei bugiardi che seguono la religione, ma non hanno incontrato Cristo Gesù.

 
 
 

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