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II DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA - ANNO C - della Divina Misericordia

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 16 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

I discepoli sono chiusi nel Cenacolo e pregano. Manca Tommaso… dov'era? Forse è lontano perché deve elaborare il lutto, è arrabbiato con se stesso per aver abbandonato Gesù ed è in crisi perché non capisce la volontà di Dio sulla sua vita.

Vive il lutto da solo.

Gli altri stanno spezzando il pane e Gesù si fa presente tra loro. Quando ci si riunisce Gesù è sempre in mezzo: “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18; 20).

Certamente questa parola di Gesù non si riduce semplicemente alla preghiera, ma a ogni momento in cui ci si riunisce assieme nell'amore e nella concordia. Anche gli altri discepoli sono impauriti e stanno elaborando il lutto, ma scelgono di provarlo a fare assieme.

Quando Gesù decide di farsi vedere dona anche la pace. Le prime parole del risorto ai suoi sono esattamente “pace a voi”.

La pace è il presupposto della missione e per essere inviati agli altri necessitiamo dello Spirito Santo. In questo brano la pentecoste è anticipata al giorno di Pasqua.

E insieme allo Spirito Santo si riceve il potere di perdonare i peccati: viene istituito ufficialmente il sacramento della confessione. Proprio per questo dato evangelico, Papa Giovanni Paolo II, volle intitolare questa domenica “della Divina Misericordia”.

Tommaso, chiamato Didimi, cioè il gemello, non è con gli altri e quindi riceve la bella notizia del risorto proprio dei suoi amici.

L'evangelista non a caso ci tiene a dire che il soprannome di Tommaso è “il gemello” perché, al di là del fatto che forse aveva un gemello biologico, questo dato è rilevante per noi… lui è gemello nostro nella diffidenza!

Possiamo dargli torto? Sa che il suo migliore amico, nonché maestro, è morto, ma gli vengono a raccontare che è risorto. Ovviamente non crede ai suoi amici!

Inconsciamente tendiamo a biasimare Tommaso, ma in realtà lui è il più grande degli Apostoli in questo momento.

La fede di Tommaso è una fede concreta che vive di evidenze concrete: “se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”.

Avessimo noi il coraggio di fare domande e di verificare i dati di fede! Invece spesso preferiamo abbassare la testa da pecoroni e vivacchiare la vita. Preferiamo la religione morta fatta di riti inutili alla fede viva.

Nelle confessioni tante volte sento dire dalle persone che non hanno fede, ma vi garantisco che la fede non è quella roba che qualche catechista stupido vi ha insegnato.

La fede non ha a che fare con il conoscere a memoria la dottrina e i comandamenti, non ha a che fare con il non avere dubbi e neppure ha a che fare con l'essere a posto con i sacramenti.

La fede è provare a fidarsi della parola di Dio e quindi vivere in un certo modo, ma è anche la capacità di verificare quei dati di fede che a noi sembrano impossibili o quantomeno altamente improbabili.

Tommaso ha il coraggio di dire “io non ci sto”.

La domenica dopo Tommaso decide di unirsi agli altri per la preghiera, per lo spezzare il pane, e proprio in quello spezzare il pane Gesù è nuovamente presente. Il Signore davanti a una domanda di senso vuole dare una risposta il più esaustiva possibile: ”metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”

Certamente nel brano Gesù esalta la fede nostra che ci fidiamo delle parole degli Apostoli, della loro testimonianza, ma i dubbi di fede personali vanno verificati sempre.

Dobbiamo essere più simili a Tommaso che davanti a un dubbio domanda, verifica e indaga.

Il Vangelo ci rivela Oggi due cose importanti: la prima più importante è la Misericordia di Cristo che è infinita e paziente; la seconda è che se vogliamo avere risposte significative e vogliamo avere una fede grande dobbiamo avere il coraggio tipico della ricerca che a Tommaso.

 
 
 

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