Gesù Cristo Re dell'universo - Anno C
- Gabriele Semeraro
- 19 nov 2022
- Tempo di lettura: 3 min

Questa domenica ci viene chiesto di guardare a Cristo come un re. Come sono i re del nostro mondo?
Hanno soldi, potere, vestiti belli, il loro lavoro è fare parte di una famiglia nobile, hanno un certo tenore di vita, spesso si sposano con persone di un certo retaggio economico e culturale.
Gesù è un re diverso…
Gesù è il Verbo incarnato seconda persona della Santissima Trinità unico Dio. Per questa ragione è re dell'universo. Il Verbo esiste dall'eternità e attraverso il Verbo tutto è creato. Gesù è re dell'universo in quanto la sua persona non è umana, ma divina.
Due nature: umana e divina. Una persona: solo divina.
Gesù è re dell'universo perché attraversa le nostre vite e dà la vita per salvarci.
Se guardiamo alla alla regalità di Gesù sulla terra apparentemente non la vediamo. Suo padre Giuseppe è certamente di stirpe nobile essendo della famiglia di Davide, ma è un falegname. Gesù fa il falegname per quasi trent'anni, poi predica, girovaga e vive in modo semplice. Per la sua missione è costretto a farsi spesso mantenere dalle donne di un certo retaggio culturale ed economico (questo traspare da tutti e quattro i vangeli).
Gesù diviene re nel momento in cui entra in Gerusalemme e viene condannato a morte. Il nostro re è un re sfigato, perdente e che noi umanamente non seguiremmo mai.
Il suo trono è la croce, la sua corona è di spine e il suo scettro sono i chiodi.
Dobbiamo ricordare questa immagine con forza perché essere cristiani vuol dire essere discepoli e discepole di questo Dio. Un Dio che attraversa la nostra storia con gioia ed entusiasmo, ma di cui l'esito umano è la croce… Certamente c'è anche la resurrezione e il ritorno alla gloria del Padre, ma siamo chiamati ad attraversare il punto più basso dell'umanità che è il dolore e la morte.
Quando davanti all'esperienza della morte e del dolore, della mancanza di lavoro e della malattia noi ci lamentiamo perché Dio non interviene ricordiamoci che non è intervenuto per sé stesso.
Dio non ci è venuta a liberare dalla malattia, dalla morte e neppure venuto a risolvere i nostri problemi, ma ha attraversato questa esperienza per farci vedere come fare. Si e fatto nostro compagno di vita.
Ai funerali dico sempre che i due malfattori crocifissi con Gesù rappresentano proprio la nostra dinamica umana che oscilla tra la pretesa di essere salvati e la capacità di riconoscersi per quello che si è ed accettare la propria situazione di fragilità aprendosi alla speranza di una vita eternamente felice.
Per secoli abbiamo insegnato la meritocrazia nella chiesa, ma la vita di Gesù ci dice tutt'altro. Noi non siamo meritevoli di salvezza per le nostre azioni, ma è Cristo che ci salva gratuitamente.
Attenzione non sto affermando la dottrina protestante per cui allora non c'è bisogno di fare il bene, sto ribadendo il principio cardine che la salvezza è data a tutti gratuitamente.
Il malfattore che chiede a Gesù di ricordarsi di lui quando sarà nel suo regno non ha modo di cambiare la propria storia che è una storia storta, cattiva e fatta di male.
C'è però un desiderio profondo di bene che lo abita e Gesù coglie quel momento e grazie a quel momento concede la salvezza a un malfattore. Il primo santo del Paradiso è un malfattore, un criminale.
Ecco la vera regalità di Cristo!
In questa ultima settimana dell'anno liturgico ci viene proposta questa lettura per spronarci a vivere in modo diverso, più centrato sul nostro Dio Gesù.
Un Dio che per vincere perde, un Dio che attraversa il male fino in fondo e si lascia sconfiggere… un Dio che non cerca scorciatoie.
Ecco cosa ci insegna oggi il Vangelo.
Noi dobbiamo guardare a questa regalità "perdente" perché ha permesso a Gesù di attraversare tutto della nostra umanità e di salvarla.
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