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I DOMENICA DI AVVENTO ANNO C

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 30 nov 2024
  • Tempo di lettura: 6 min

Comincia un nuovo anno liturgico e il ciclo della lettura di quest'anno, ciclo C, ci propone dei testi non facili.

Il libro del profeta Geremia è un libro che contiene diverse profezie relative al messia.

Il profeta vive in un periodo complicato della storia di Israele, un periodo che va proprio a toccare l'ultima fase dell'esistenza del regno.

Si tratta di un personaggio scomodo e impopolare in quanto predica la fine del regno e la distruzione del tempio.

Quando tutto questo avverrà il profeta sarà risparmiato dalla deportazione a Babilonia, ma successivamente sarà arrestato ed esiliato in Egitto dove si perdono le sue tracce.

In questa particolare predicazione il profeta ha parole benevolenti e di speranza in quanto annuncia che, dopo tutte le catastrofi che colpiranno Israele, finalmente giungerà il Re Messina.

Per noi è difficile comprendere questa parola perché non conosciamo la storia… durante la deportazione diversi discendenti della casa di Davide periranno e soprattutto gli ultimi discendenti diretti sembrano non avere eredi. La casa di Davide diventa simbolo per il popolo della benevolenza di Dio, se Davide non ha eredi sul trono allora Dio non è con Israele.

Un discendente diretto di Davide è difficile da vedere in quanto la casata è stata distrutta. Paradossalmente Gesù è proprio un germoglio di quel tronco che è stato reciso. Pensate a quegli alberi che vengono tagliati lungo le strade e di cui restano spesso solo le radici, a volte da quel ceppo morto nascono nuovi virgulti. Nell'ottica del Profeta, e anche nella nostra ottica, Gesù è esattamente quella cosa lì… da delle radici collaterali della tribù di Davide nasce il Cristo.

Questa lettura ci dice tanto sulla speranza e sulla speranza cristiana. Nelle situazioni più disperate e nelle situazioni in cui noi non vediamo via d'uscita, Dio sogna qualcosa di diverso e lo realizza.

In realtà l'ultima parte della profezia non si è ancora realizzata, ma questo non deve sorprenderci in quanto papa Benedetto XVI ci ha insegnato che ogni profezia non si realizza mai completamente, ma sì protende sempre in avanti verso la fine dei tempi.

Dice il profeta Geremia “in quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia”.

Il Vangelo, ad una lettura superficiale, potrebbe generare in noi ansia e paura. Come ho avuto modo di dirvi nelle ultime domeniche, le letture apocalittiche vanno interpretate sempre in modo corretto e non possiamo permetterci di lasciarci sopraffare dai profeti di sventura di oggi che dietro ad ogni catastrofe leggono la fine del mondo.

Ogni generazione è chiamata a vedere la fine del proprio mondo; di apocalissi ne abbiamo avute molte lungo la storia.

Gesù non ha l'ansia di dirci quando finirà il mondo e, come ci ha già ricordato la liturgia qualche domenica fa, solo il Padre sa quando finirà tutto.

Gesù ci invita a fare qualcosa di più serio e cioè ci invita alla vigilanza.

In ogni generazione Gesù si manifesta in molti modi ben diversi dalla prima venuta e allo stesso tempo non meno reali. Poi sicuramente ci sarà la venuta finale, come giustamente ci ha ricordato il vangelo di oggi, ma l'unico modo per essere pronti a questa venuta è cercare di vedere il Signore nella nostra quotidianità.

Il cammino di avvento è un tempo in cui siamo invitati a ricominciare a prendere il passo della fede e della preghiera.

Gesù ci chiede di vegliare pregando ed è una preghiera che ha una ragione e due scopi.

Dice Gesù: “state attenti voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all'improvviso”.

La ragione di questa preghiera è il restare svegli non lasciandosi appesantire il cuore. Quante volte il nostro cuore è appesantito da tristezza, dalla depressione spirituale, dai problemi della vita e da questa aria nefasta della nostra società che sembra vivere solo di profeti di sventura… dai politici ai telegiornali, dai social alla meschinità della vita quotidiana.

Troppo spesso noi preferiamo vivere anestetizzati dal buonismo, dalla falsa convinzione di essere persone buone solo perché non facciamo nulla di male nella vita e troppo spesso giustifichiamo il nostro male anche con il linguaggio religioso.

Il nostro cuore deve approcciarsi al mondo con lo stesso spirito che ha Gesù venendo nella culla, uno spirito d'amore che lo porterà a farsi distruggere sulla croce pur di salvarci.

Le ragioni di questa preghiera costante dicevamo essere due. Ascoltiamoli da Gesù stesso: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo”

Dobbiamo spendere qualche parola su questi due aspetti, ma prima di farlo dobbiamo capire cosa si intende per “preghiera”.

Dobbiamo stare attenti a comprendere bene cosa significa questo termine altrimenti rischiamo di cadere nel consueto errore di pensare che per “preghiera” si intenda, solo ed esclusivamente, mettersi in ginocchio a vomitare formule: rosari, messe, novene, devozioni e processioni.

Se prestiamo attenzione ai Vangeli, soprattutto per quanto riguarda la vita di Gesù, ci accorgiamo che lui prega spesso, ma non si rinchiude nel tempio e neppure nelle formulette.

Gesù ha bisogno di spazi di preghiera personale che sono veri e propri dialoghi col Padre, dice l'importanza della preghiera comunitaria con i suoi discepoli, dice l'importanza della liturgia quando va al Tempio e l'intera sua vita è, di fatto, una preghiera fatta di azioni.

La cosa che colpisce nei Vangeli è che è molto più il tempo che Gesù trascorre a fare cose, a vedere gente e ad ascoltare il dolore delle persone che gli stanno davanti più che il tempo che trascorre in quello che noi definiamo preghiera.

Il tempo di Avvento ci chiede di ripartire con tante forme di preghiera, ma soprattutto chiede di vivere azioni che diventano preghiera.

In questo ci aiuta anche Paolo quando nella lettera ci dice “per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù”.

C'è una vita che pur non aggrappandosi a formulette precostituite risulta essere autenticamente una vita di preghiera: si chiama “azioni d'amore”.

Torniamo allo scopo per cui Gesù ci chiede di pregare.

  • Avere la forza di sfuggire a ciò che di spiacevole avverrà.

Che ci piaccia oppure no, la vita è fatta di cose belle e cose brutte. La vita per tutti ha un termine e per tutti è faticosa. Che siano fatiche ordinarie, che siano catastrofi naturali o che sia la fine del mondo dobbiamo pregare di sfuggire da queste situazioni o quantomeno delle sue conseguenze.

Come più volte vi ho detto, il Signore i problemi non te li risolve, ma la preghiera ti permette di attraversare la vita restando in piedi.

Torniamo al discorso del cuore leggero… se il cuore è leggero allora si può camminare rapidi e si può sfuggire a ciò che il male tenta di buttarci addosso, pur attraversando il male stesso.

  • Comparire davanti al Figlio dell'uomo.

Noi abbiamo una convenzione sbagliata, convinzione forse che passa anche attraverso alcune mie prediche dei funerali, cioè abbiamo la convinzione che la Misericordia di Dio non abbia nulla a che fare con le nostre azioni.

In parte questa cosa è vera, ma ricordiamoci che Dio emette comunque un giudizio sulla qualità della nostra vita. Come dico spesso il giudizio di Dio è la Misericordia quindi guarderà a ciò che di buono abita la nostra vita, ma questo buono deve esserci.

Se uno è stato tutta la vita vivacchiando superficialmente, pensando solo al proprio tornaconto e non uscendo mai dalla propria zona di comfort… che amore ha vissuto? Dio giudicherà il non amore che quella vita ha scelto e, non risuonando nel suo amore, difficilmente potrà stare assieme all'amore di Dio.

Se uno non ha mai curato l'amore trascendentale e non vive la relazione personale con quel Dio in cui dice di credere… come può pensare che quella mancanza di interesse e di amore verso Dio che ha caratterizzato la sua vita non abbia conseguenze sul piano dell'eternità?

L'incontro con Gesù può esserci se c'è già stato qui sulla Terra nella tua vita personale.

C'è una dinamica di continuità tra il tempo limitato della terra e l'eternità del regno di Dio.

Poi non intendo mettere limiti alla sua misericordia e al suo perdono… nell'ottica di Dio tutto è possibile!

Concludo lasciandovi qualche domanda:

  1. Dedico del tempo alla mia preghiera personale?

  2. Dedico del tempo adeguato alla preghiera liturgica?

  3. Dedico del tempo a quella forma di preghiera che si chiama “atti d'amore”?

  4. Come posso fare unità nella mia vita per fare in modo che il tempo della preghiera e della fede non sia un cassetto a compartimento stagno?


 
 
 

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