I pricipi di discontinuità nella continuità e di disobbedienza nell'obbedienza.
- Gabriele Semeraro
- 11 giu 2021
- Tempo di lettura: 4 min
I pricipi di discontinuità nella continuità e di disobbedienza nell'obbedienza.
Il dovere "dell'inaugurazione della fede"
Spesso non ci rendiamo conto quanto, in ogni società gerarchicamente costituita e libera, siano importanti questi due principi.
Entrambi fanno sì che l'umanità assuma il principio di complessità e possa trovare strade nuove per evolvere e restare, oppure diventare, realmente libera e umana.
Questi due principi sono fondamentali anche nell'evoluzione religiosa e sono essenziali nella fede cristiana.
Questi principi li si può trovare forti in Gesù e nel suo primo gruppo di amici. Gesù resta in forte continuità con la tradizione giudaica in cui è immerso, ma allo stesso tempo introduce novità che non ne vanno a stravolgere i contenuti bensì approfondiscono contenuti, prassi e la fede stessa.
Questo meccanismo ovviamente genera tensioni! Che nel caso di Gesù portano ala croce...
Ciononostante la comunità degli Apostoli mantiene questo principio per la Chiesa. Si può trovare traccia evidente di questo nel libro degli Atti degli Apostoli e in diverse lettere del Nuovo Testamento. Con la diffusione e predicazione della fede si tentano nuove strade anche aldilà dell'intenzione degli apostoli e della gerarchia.
L'inserimento dei fedeli provenienti dal paganesimo introduce elementi nuovi e sensibilità diverse all'interno di un sistema religioso ancora profondamente giudaico.
Le questioni sono tante... le regole di purità giudaiche, il problema delle carni che soprattutto nelle città erano reperibili principalmente nei templi pagani, un sistema valoriale spesso in contrasto con il sistema valoriale giudaico, ecc…
Le accuse reciproche e le divisioni arrivano fino agli Apostoli che nel Concilio di Gerusalemme (49 dc circa) decidono di riunirsi per discuterne.
La strada che viene intrapresa è proprio quella della fedeltà nella discontinuità. Si scelgono poche regole condivise e si permette di introdurre all'interno del sistema Chiesa un sistema valoriale altro, ma non incompatibile.
Questo non spezza la fedeltà al carisma del messaggio originale, ma ne approfondisce ulteriormente la fedeltà da parte della Chiesa.
Altro esempio di questo principio lo possiamo trovare nelle lettere paoline e in particolare in 1Cor 11,17-26.33
La cena del Signore stava rischiando di trasformarsi in una gozzoviglia sacra senza carità. L'azione dell'Apostolo Paolo, probabilmente in comunione di intenti con il resto del collegio Apostolico, lo porta ad introdurre una prassi totalmente nuova… ciò che prima era un unicum chiamato "cena del Signore" si scinde in due momenti separati: l'Agape, la cena conviviale, e la "Cena del Signore" cioè la messa.
L'Agape nel tempo, di fatto, svanisce e resta l'Eucaristia, la messa.
Ciò ha portato non ad un tradimento, ma un approfondimento della fede e del rito.
Anche in tempi strani (Nicea 325 - Milano 380 dc) in cui la grande Chiesa era caduta in modi differenti nell'arianesimo strisciante e diffuso, assunto quasi a sistema ecclesiale, anche allora un gruppetto di vescovi e di fedeli ha reso possibile un cambiamento. Come? Oscillando tra obbedienza e disobbedienza, approfondendo i temi e valorizzando aspetti problematici.
Questo processo è stato assunto a sistema molte volte nella storia delle società e della chiesa. Si capisce bene che questo tipo di approccio può essere problematico perché può portare facilmente a deviazioni a causa della sua natura "sperimentale".
Ciò nonostante resta il modo migliore per approfondire e attualizzare la fede senza rinchiudersi in forme e prassi rigide che rischierebbero di inficiare il messaggio di Cristo e quindi la vera Fede.
Questo sistema sembra essere andato in crisi soprattutto dopo il Concilio Vaticano II.
Dopo la grande parentesi del Concilio di Trento il quale da un lato ha salvato la cattolicità rivitalizzando il principio di discontinuità nella continuità, ma dall'altro ha portato un gravissimo danno alla chiesa perché è diventato il Concilio "contro l'altro"; dopo questa grande parentesi sembra quasi che tale principio si sia smarrito nuovamente almeno nella grande chiesa.
Il Vaticano Secondo lo assume come principio cardine che tenta di portarlo a sistema, ma evidentemente qualcosa non sta funzionando…
Dopo una vitalità iniziale e una apparente libertà di sperimentazione, si è ripiombati nella rigidità… rigidità dottrinale, rituale e di prassi.
In realtà nella Chiesa reale si sono create correnti molto diverse che vanno dal desiderio del ritorno ad un "passato mitico" dei tradizionalisti a chi era ben oltre "il Vaticano III" (per dirla con una battuta). Un mezzo ai due estremi c'era anche chi ha continuato a sperimentare, cercare nuove strade e approfondire la comprensione del messaggio cristiano rivitalizzando quel principio benedetto che noi chiamiamo "inculturazione della fede".
Ne sono una testimonianza i numerosi movimenti laicali, i nuovi carismi sia religiosi che laicali e quelle realtà di confine che si spingono all'accoglienza di tutti (senza distinzione di etnia, religione, identità biologica, identità di genere e orientamento sessuale).
Che succede nella chiesa istituzionale e gerarchica? Il principio di inculturazione della fede è morto? Che fina hanno fatto i principi di fedeltà nella continuità/discontinuità e della fedeltà nell'infedeltà? La fede si è cristallizzata? È morta?
Ovviamente no, ma la grande Chiesa fatica a stare nella complessità che, oggi più che mai, è forte e polarizzata.
La grande Chiesa vive la realtà di dover parlare a tutti, ma come può conciliare la vita e la cultura dei paesi occidentali e quelli in via di sviluppo? Come conciliare le sue molte sensibilità?
Pensiamo alle questioni sociali e della qualità del lavoro, al ruolo della donna e alla questione sessuale.
La Chiesa sceglie spesso di lasciare o assumere posizioni tradizionali pur di salvaguardare il nucleo centrale della fede.
In fine bisogna tener conto che la logica di fede si proietta verso l'eternità e non vive di ansie temporali.
Questo però rischia di indebolire la fede in Gesù e il suo approfondimento nella cultura neopagana odierna.
Non possiamo permetterci di lasciare la Chiesa in mano a farisei che allevano farisei. Spesso siamo cristiani che "sanno a memoria il diritto di Dio, ma scordano sempre il perdono" (DeAndrè).
Moralisti farisei pronti a invocare una punizione sul mondo, spesso siamo persone che usano la Parola di Dio per giustificare la propria paura, razzismo, misoginia e omofobia.
Se è vero che la storia passata ha molto da insegnare, è anche vero che dal 900 si è aperta una fase completamente nuova… una storia di cui ancora non sappiamo gli esiti… almeno dal punto di vista religioso.
Se è vero che l'ottica della chiesa è l'eternità, è anche vero che non ci possiamo permettere una deriva intransigente, rigida, canonistica, moralistica e disumana.
Dobbiamo ripartire da due principi e un valore:
L'infedeltà nella fedeltà
La discontinuità nella continuità
L'inculturazione della fede
Questi elementi devono confrontarsi con 3 aspetti:
Il Vangelo
L'attualità e la vita (Ciò che avviene, le sensibilità diverse, le evoluzioni socio-culturali, ecc…)
La tradizione (che non può essere assunta in modo rigido e dogmatico)
Buona riflessione.
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