II DOMENICA DEL TEMPO DI NATALE - ANNO C
- Gabriele Semeraro
- 4 gen
- Tempo di lettura: 3 min

Questa settimana la parola di Dio ci presenta la figura del Figlio come Verbo eterno, come Sapienza.
Il Verbo eterno che crea il mondo prende nome Gesù solo 2025 anni fa, ma prima esisteva già. È un dato che dovrei dare per scontato, ma è sempre bene ricordarcelo.
Se la prima lettura spinge tanto sulla Sapienza intesa come l'eterno Dio, la seconda lettura e il Vangelo ci vogliono riportare al principio di incarnazione.
Quel Gesù storico è realmente Dio. È quel Dio a cui non basta rimanere nel suo cielo, ma vuole scendere così tanto a contatto con la creazione da farsi figlio della sua creazione.
Attenzione perché il principio di incarnazione pone la base per un modo di intendere la fede che è estremamente concreto, reale, quotidiano e oggettivo.
Con il principio di incarnazione si dà valore alla carne, si dà valore alle azioni e si dà valore a questa umanità.
Il principio di incarnazione fa sì che sia io che voi possiamo occuparci di qualunque cosa nel mondo legittimamente con buona pace di chi vorrebbe i preti e le persone di chiesa fuori dalla politica, dall'etica, dalla biologia e dalle scienze in generale.
Questo non vuol dire imporre la nostra visione agli altri, ma vuol dire che noi possiamo portare il nostro contributo a questo mondo e magari ricordare a questo mondo cose che per tante ragioni ha dimenticato.
Mosè per conto di Dio crea la legge. I popoli dell'antichità facevano della legge la loro identità più profonda perché avere una legge significava essere un popolo civile ed evoluto.
Mosè portò una legge che dette civiltà a Israele e che liberò il popolo dalla schiavitù delle proprie passioni.
Gesù fa qualcosa di più grande perché non porta la legge, ma grazie su grazia che è la vera legge dell'umanità.
Guardate che su questa cosa noi ci siamo un po' persi perché siamo passati da avere due comandamenti che sono quelli dell'amore e alcune Beatitudini che sono il vero modello di vita credente, ad avere tantissime leggi religiose che invece di liberarci ci incatenano. Abbiamo ripristinato i dieci comandamenti, abbiamo codificato i vizi capitali, abbiamo creato il catechismo della Chiesa Cattolica e abbiamo creato il codice di diritto canonico. Tutte cose che avrebbero dovuto aiutarci nella via della Libertà e invece spesso sono diventati dei lacci intorno ai nostri colli spirituali e soprattutto spesso sono diventati armi contro gli altri.
Adesso con il nuovo anno sarò nel mio omelie sempre più esplicito e cercherò di rompere questa dinamica che ci riporta sotto il gioco della legge.
La Grazia è un dono gratuito di Dio e non ha nulla a che vedere con la religione.
Il cristianesimo non è una religione! Religione è dare a Dio ciò che gli è dovuto, ma il cristianesimo ribalta completamente questa cosa.
È Dio che dà a noi quello che non ci è dovuto, ma lo fa per grazia. A questa grazia gratuita lui aggiunge altra grazia.
Teresa d'Avila diceva che non si può arrivare a Dio se non attraverso l'umanità di Cristo. Questo vuol dire che tutto ciò che è stato redento umanamente da Cristo è strumento valido per raggiungere Dio.
Bene allora la preghiera personale, ma non basta…
Bene la preghiera comunitaria e la santa liturgia, ma non basta…
Bene le opere di carità, ma da sole non bastano…
Bene uno stile di vita buono, ma questo non basta…
Ciò che conta è solo la grazia di Dio che è gratuita per tutti a cui vanno aggiunte tutte queste cose! Tutte devono essere presenti altrimenti prendiamo in giro noi stessi/e!
Ecco la concretezza a cui mi riferivo prima. Dobbiamo tornare a essere cristiani concreti che praticano un'accoglienza concreta.
Gli altri non sono persone da tollerare, non sono persone da accettare e non sono persone neppure da piegare i nostri schemi.
L'altro è l'altro, io sono io.
Insieme siamo chiamati entrambi ad amarci nella concretezza della quotidianità.
Ecco la vera sfida.
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