II DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA - Anno A
- Gabriele Semeraro
- 15 apr 2023
- Tempo di lettura: 6 min

In questa seconda domenica del tempo di Pasqua, forse, dovrei parlarvi della concordia che vediamo nella prima lettura… dovrei dirvi che essa ci viene proposta come immagine, ma che andrebbe letto l'intero brano perché ogni volta che negli Atti si dice che tutti andavano d'accordo poi si scopre nel capitolo dopo che molti non andavano d'accordo. Forse dovrei parlarvi della Lettera di Pietro e della bellezza della sua testimonianza. Forse dovrei commentare il Vangelo sottolineando la grandiosità di quel momento nel Cenacolo e dovrei biasimare Tommaso.
Non farò nulla di tutto ciò, ma vi parlerò solo della grandezza di Tommaso e di come lui, di fatto, sia il più grande nella fede.
Gesù è morto ed è stato abbandonato da tutti, anche da Tommaso. Tommaso non si fida più di sé stesso e figuriamoci se si fida dei suoi amici che hanno tradito come lui.
Va nel Cenacolo e sente i suoi amici vaneggiare sul fatto che Gesù sia ancora vivo e che sia venuta a trovarli. Tommaso è arrabbiato nero perché sa che Gesù è morto, sa che a tradirlo sono stati loro e sa che dalla morte non si torna, inoltre sa che non sarebbe degno di incontrare Gesù.
Tommaso è l'immagine di noi quando siamo delusi dalla Chiesa, da noi stessi e dal mondo. Quante volte siamo delusi dai nostri tradimenti nelle cose più semplici… quante volte la chiesa ci ha deluso nei fratelli, nelle sorelle e nei ministri? Falso amministrativo, pedofilia, misoginia, discriminazioni a causa dell'orientamento sessuale, discriminazione e violenza rispetto a chi è ed è in situazioni diverse su temi come divorzio, eutanasia e aborto, allontanamento di chi ha una sensibilità religiosa diversa, carattere pessimo dei pastori e dei laici, delusi dalla Chiesa della tristezza e dei musi.
Tommaso non si fida così come noi non ci fidiamo e vuole verificare di persona. Tommaso ha il coraggio di non scappare dalla chiesa che lo ha deluso, di non scappare da se stesso e desidera avere risposta.
Tommaso, ci viene detto nel Vangelo, ha il soprannome di Didimo. Didimo significa doppio oppure gemello. Forse Tommaso ha un gemello, ma ci viene riferito questo soprannome perché ha a che fare con noi. Tommaso è il nostro gemello o meglio noi siamo gemelli e Tommaso.
Siamo gemelli nel suo male così come possiamo essere suoi gemelli nel bene.
La settimana successiva alla prima apparizione lui si fa trovare nel Cenacolo perché vuole verificare cosa sta succedendo. Vuole rendersi conto se i suoi amici sono impazziti, se hanno raccontato a lui una balla pur di sentirsi meno in colpa, vuole verificare di persona perché desidera incontrare Cristo.
Anche l'incontro con Cristo ha molto da dirci sul nostro modo di intendere la chiesa, nel modo di intendere la nostra presenza nella chiesa e nel modo di interagire tra di noi.
Gesù appare e non sgrida nessuno… non si fa prendere dallo zelo religioso, non ha l'ansia di correggere nessuno, non bastona nessuno, ma con semplicità e amore si rivolge a Tommaso.
"Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!"
Gesù con Amore gli mostra i segni della sua passione che indicano che è realmente lui, poi invita Tommaso a sperimentare il suo amore e infine lo esorta a mutare il cuore da incredulo a credente. Non c'è biasimo, ma quasi un amorevole sorriso che dona pace all'Apostolo.
Colui che cerca Cristo sicuramente lo trova e lo trova non nella preghiera, non nella liturgia e non in esperienze eccessivamente intimistiche, ma lo trova nella chiesa rappresentata dal Cenacolo e dalla comunità di unità attraverso una relazione personale e comunitaria.
La preghiera, liturgia, le devozioni e la preghiera intimistica sono tutte cose non per forza negative e che sono anche necessarie, ma c'è una base da cui si parte che è un'altra… è la chiesa riunita e l'esperienza personale reale e concreta.
Il commento finale di Gesù non è un biasimo per Tommaso, ma un esaltazione nostra. Gesù dice che il privilegio di vederlo nella sua forma umana l'hanno avuto loro, ma chi verrà dopo non avrà questo privilegio e dovrà fidarsi semplicemente della parola degli altri. Attenzione perché questo non toglie veridicità a quello che vi ho detto prima cioè che è necessario che ci sia un'esperienza personale.
Non serve essere troppo spirituali o fantasiosi per riconoscere l'incontro con Gesù nella quotidianità della vita. Ci vuole occhio attento, la capacità retrospettiva e il desiderio reale di incontrare Gesù.
Vi faccio nuovamente la domanda che vi ho fatto la domenica delle Palme e la domenica di Pasqua: abbiamo incontrato Cristo realmente? Se sì, dove e quando?
Qualcuno è rimasto turbato perché dice di non averlo incontrato… mi permetto di dire che forse lo ha incontrato, ma non se n'è accorto subito. Riguardate alla vostra storia e scoprirete che forse lo avete incontrato.
In 38 anni di vita Io penso di averlo incontrato almeno tre o quattro volte… O almeno quelle significative che io ricordo.
Ve ne racconto una perché è quella significativa e anche estremamente concreta.
Ero adolescente. Ho vissuto una brutta adolescenza e non ero molto pacificato. In quel momento in particolare avevo molti pensieri e cominciavo a essere nauseato dalla chiesa e dalla mia chiesa diocesana… non troppo diversamente da oggi…
La differenza è che allora ero senza un orientamento, ero confuso sul mio cammino personale di vita ed ero in un anno scolastico particolarmente duro.
C'erano rimaste solo due cose che facevo forzandomi, ma che mi sembravano avessero un senso: andava in chiesa la domenica per seguire la messa e andavo due sabati al mese in casa di riposo a fare un po' di animazione con la Comunità di Sant'Egidio.
Ogni tanto quando eravamo in casa di riposo organizzavamo una preghiera comunitaria e allora portavamo una grossa immagine di Gesù che potesse essere ben visibile a tutti gli anziani. Era l'immagine del volto martoriato di Cristo al momento della passione.
Davanti a questa icona noi pregavamo insieme agli anziani. Un giorno durante la preghiera abbiamo recitato il Salmo 22 che è quello che Gesù inizia sulla croce quando sta morendo. Ricordo che mi avvicinai ad un'anziana particolarmente malmessa per aiutarla con la lettura del foglietto e in quel momento mi resi conto che stavo aiutando Gesù. Ebbi la sensazione potente che lui emergesse in quella donna e che quella donna assomigliasse tanto a quell'icona davanti a cui stavamo pregando. La concretezza. Gesù non lo ha sentito nella preghiera, Gesù non l'ho incontrato nella filosofia, ma in una vecchia che aveva bisogno di aiuto. Chiedo scusa per il termine usato, ma è potente!
In una sala da pranzo di una casa di riposo io non ho visto fisicamente Gesù, ma ho avuto modo di incontrarlo. Quante volte arrivo la sera a casa dopo giornate folli in cui ho avuto anche incontri estremamente sgradevoli e mi ritrovo a rendermi conto che Gesù mi è passato accanto attraverso le situazioni di quella giornata. Anche se non me ne sono accorto subito… non fa nulla! È importante che guardandomi indietro me ne accorga!
Quando ci dicono che siamo proprio dei San Tommaso prendiamo questa cosa come un complimento enorme! La persona di fede non è chi non ha dubbi e non sbaglia mai, ma esattamente il contrario chi ha tanti dubbi e sbaglia spesso ha fede. Ha fede perché ci prova, ha fede perché è in ricerca e ha fede perché ha desiderio concreto. Chi non sbaglia mai, chi non ha mai dubbi e chi è troppo sicuro delle sue regolette solitamente non sta vivendo né umanamente né spiritualmente nulla.
I dogmi, le regole, le norme, le routine, le buone abitudini, le devozioni, ecc… sono tutte guide buone, ma non dobbiamo convincerci che se mettiamo in discussione queste cose allora siamo persone di poca fede.
Personalmente non condivido un sacco di cose della chiesa di cui faccio parte, non mi trovo allineato su diverse scelte diocesane, metto in discussione a livello personale ogni singola parola del Vangelo perché questa modalità mi permette di stare nella chiesa che cammina e mi permette di camminare anche a me dietro Cristo. Non si sta nella chiesa come nella prima lettura la quale ha l'intento esortativo di aiutarci a vivere in modo più sereno, ma è una narrazione falsa o meglio parziale. Questo lo dico per tranquillizzare chi si sentisse scandalizzato dalle mie parole… quello che ho appena detto non è una mia opinione: lo dicono i biblisti e i teologi. L'immagine degli Atti è parziale tant'è che in Atti ogni qualvolta si dice che tutti andavano d'accordo e nel capitolo dopo si mostra che c'era qualcuno che non andava d'accordo. Sento però sana e fondamentale l'impostazione di Tommaso che non si fida neanche della gerarchia di cui lui fa parte, che non si fida solo delle parole, ma che ha bisogno di fare esperienza diretta. Dopo sarà lui a dare testimonianza con la sua vita.
Chiediamo al Signore oggi l'elasticità di Tommaso e soprattutto chiediamo di crescere in una fede che ha bisogno anche di segni, di toccare e di vedere personalmente le cose. Di fare esperienza per poi divenire noi testimoni con la vita.
Tommaso è veramente Didimo cioè simile a noi, nostro gemello.
Giuda Iscariota, Simon Pietro e Tommaso sono veramente i nostri gemelli… gemelli che Gesù non sgrida, non giudica, non condanna, non esclude, ma a cui insegna la bellezza della misericordia, del perdono e dell'accoglienza.
Speriamo di diventare sempre più una comunità che non vive per correggere gli altri, ma che attraverso le relazioni e la testimonianza di vita sappia esprimere l'universalità dell'accoglienza di Cristo che è venuto per la salvezza delle moltitudini cioè per tutti.
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