II domenica del tempo di Pasqua - Anno B
- Gabriele Semeraro
- 6 apr 2024
- Tempo di lettura: 5 min

Bisogna fare una premessa per interpretare correttamente le letture di oggi e coglierne i giusti spunti senza restare fuorviati da un’eccessiva idealizzazione.
In queste settimane sentiremo i racconti della Chiesa delle origini e in particolare della comunità madre di Gerusalemme. Questi racconti sono volutamente alti e idealizzati perché in qualche modo sono le fondamenta storiche della chiesa. Vedremo allora che nei racconti si esaspererà l'aspetto della condivisione, della comunione e della fraternità. Se noi però leggiamo i testi integrali scopriremo che ogni volta che viene detto che “tutti erano concordi e tutti condividevano”, subito dopo salta fuori che qualcuno non lo fa. Inoltre dobbiamo ricordare che la condotta di vita della prima comunità di Gerusalemme porterà all'autodistruzione della comunità stessa che diventerà una delle realtà più povere in assoluto proprio per il modello eccessivamente, passatemi il termine, “pseudo comunista”.
Detto questo… guardiamo al libro degli Atti degli Apostoli che ci raccontano di una comunità che vive il fermento della crescita, una comunità che prova a definirsi su questioni molto concrete come ad esempio la ricchezza e la disuguaglianza sociale. È una comunità che vuole vivere in modo inclusivo e vuole fare discepoli tutti.
Da questo punto di vista dobbiamo cogliere la bellezza di questa comunità e dobbiamo coglierne lo spirito di fondo che sarebbe molto utile alla nostra comunità di oggi. Sotto tanti punti di vista non siamo così diversi da loro infatti viviamo in una società che, volente o nolente, non è più cristiana (grazie al cielo…).
Noi oggi ci troviamo nella condizione di dover ripartire nel processo di evangelizzazione cercando di evitare gli errori del passato, ma allo stesso tempo non avendo una realtà così ricettiva come l'avevano loro. L'evangelizzazione non riparte allora dalla liturgia o dalla morale, ma da Gesù e dalla sua inclusività.
Il centro del messaggio da cui dobbiamo ripartire è Gesù e la sua umanità, dobbiamo ripartire da Gesù che accoglie tutti e perdona tutti a prescindere dal loro stato di vita, dobbiamo ripartire da una testimonianza cristiana che non batte sulla morale e la dottrina bensì su quell'umanità bella di Cristo Signore.
Il Vangelo ci presenta invece una comunità impaurita, incredula e incapace di fidarsi sia all'interno che all'esterno. Gli apostoli hanno ricevuto l'annuncio dalle donne, ma non si sanno fidare di loro. I discepoli sono rinchiusi nel Cenacolo, impauriti, incapaci di aspettarsi qualunque tipo di novità.
Gesù a porte chiuse compare in mezzo a loro.
È l'esperienza che facciamo noi oggi di una chiesa che si rinchiude spesso nella propria dottrina, nella propria morale e non si aspetta nulla da nessuno… mi permetto di dire che non si aspetta più nulla neanche da Dio.
Dio invece, nella persona del Risorto, appare in mezzo a loro e dice “Pace a voi”.
Quella pace che discepoli non sanno trovare da soli neanche nel loro consesso liturgico, Gesù la dona gratuitamente. Di più, Egli dona loro lo Spirito Santo per renderli capaci di divenire testimoni docili e amorevoli, inclusivi e accoglienti, testimoni fino al sangue.
In questo Vangelo il più grande nella fede è proprio Tommaso!
Tommaso non è presente e fatica a credere agli amici, anche lui è rinchiuso in se stesso, ma è il più grande perché è il più razionale.
È vero che manca di carità come gli altri perché non si fida degli altri, ma è anche l'unico che ha il coraggio di chiedere un segno ed è l'unico che intraprende una ricerca razionale.
È la strada che molti di noi hanno intrapreso, è la strada che molti di noi intraprendono ed è la strada maestra se vogliamo evangelizzare il mondo.
In un mondo dove ci sono molte proposte spirituali valide e legittime, in un mondo dove tutti possono dire tutto, c'è bisogno di testimoni autorevoli e di segni razionali.
Non abbiamo bisogno di miracoli miracolistici, ma di esperienza di fede tangibile.
Abbiamo bisogno di approfondire non la morale moralistica fondata su rigidi dogmi bensì abbiamo bisogno di tornare al Vangelo letto, interiorizzato e vissuto.
Troppo comodo battere sulle regole, troppo comodo battere sui miracoletti che può fare anche il diavolo, troppo facile abbassare il cristianesimo ad un “volemose bene”.
Gesù concede dei Miracoli agli apostoli perché sono coloro che lo hanno conosciuto personalmente, ma poi il vero miracolo lo compiono i discepoli nel mondo attraverso la testimonianza che passa soprattutto attraverso lo stile di vita.
Sappiamo che San Paolo aveva un carattere terribile eppure il suo Vangelo e la sua testimonianza convertono i pagani.
Ora tocca a noi!
Il Cenacolo è la nostra assemblea liturgica e Gesù appare al centro, ma non si fa vedere da chi non lo vuole vedere.
Su questo voglio essere molto chiaro e netto: se siamo qui da 30, 40 o più anni… e non abbiamo ancora incontrato Gesù allora la colpa è nostra.
Lui si fa vedere e sentire soprattutto in una comunità che lo cerca.
Se non siamo capaci di testimoniare fuori da queste quattro mura il Risorto è perché non l'abbiamo ancora incontrato.
Ciascuno nella chiesa ha il suo ruolo, ma mi pongo delle domande molto profonde quando mi ritrovo in una comunità dove il massimo della testimonianza è l'omelia dall'altare.
Non è il prete che deve testimoniare Cristo da solo, ma e ogni singolo battezzato della comunità.
Se noi ci fidiamo di Gesù senza averlo visto, diversamente da come è capitato a Tommaso, avremo la forza… forza che ci concede Gesù stesso, di cambiare profondamente la nostra vita.
Il Cenacolo, immagine della comunità locale, è un luogo importante.
Gesù in centro. In una comunità autenticamente evangelica Gesù emerge sempre in centro e lo si percepisce con estrema chiarezza.
In una comunità dove Gesù emerge al centro il tenore di vita di ogni singolo membro della comunità cambia.
Attenzione non sto dicendo che non ci sono problemi, non ci sono tensioni, si è sempre gentili, non si pecca più, ecc… sto dicendo che cambia qualcosa in maniera talmente profonda da riuscire a passare all'esterno al di là di tutto questo elenco che vi ho appena fatto e che, probabilmente, continuerà a esistere.
La grandezza di Tommaso è la grandezza di un discepolo che sa chiedere una prova, che vuole approfondire anche attraverso l'esperienza diretta, un discepolo che non gli basta la rispostina da catechismo della Chiesa Cattolica oppure la rispostina da codice di diritto canonico.
Voglio concludere sulla scia di quello che ho detto già domenica scorsa… la comunità aperta a Gesù è una comunità sempre inclusiva e sempre non giudicante.
Sempre.
È una comunità che si lascia sorprendere da Gesù che non solo compare al centro della comunità stessa quando è riunita, ma emerge attraverso soprattutto agli incontri e alle situazioni che noi riteniamo più strane, assurde o canonicamente illecite.
Se sapremo sospendere il giudizio verso gli altri che noi non capiamo, ma sapremo accoglierli come se fossero Gesù in persona allora saremo come Tommaso… la nostra sete di Dio sarà saziata.
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