II DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA - ANNO C
- Gabriele Semeraro
- 23 apr 2022
- Tempo di lettura: 4 min

La Parola di Dio di questa 2° domenica del tempo di Pasqua, domenica in Albis, domenica della Divina Misericordia, è una Parola molto ricca.
Cercherò pertanto di essere sintetico sottolineando solo alcuni passaggi, alcuni critici e alcuni di spunto, che spero possano essere utili alla nostra vita.
Troppo spesso i commentatori della pagina del Vangelo hanno sottolineato in chiave negativa l'esperienza di Tommaso, ma l'esperienza di Tommaso è fondamentale per noi.
Noi siamo figli di una cultura che del vedere e del toccare ha fatto la sua professione di fede…
Quando si parla di fede non si parla di "insegnamenti", ma solotamente si intende esperienza di fede! Non è possibile pertanto sottovalutare l'approccio di Tommaso.
Certamente resta fondamentale quello che dice Gesù "perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!".
Il fatto che Gesù sottolinei l'importanza del credere senza vedere non esclude la dimensione dell'esperienza personale e comunitaria del Risorto.
Noi possiamo vedere Gesù? No!
Noi possiamo sentire personalmente Gesù come gli apostoli? No!
Noi possiamo fare un'esperienza personale di Cristo attraverso le relazioni e le situazioni.
Noi dal momento che facciamo esperienza ci possiamo aprire alla dimensione della fede nell'Eucaristia, la fede ci permette di vedere Gesù negli altri, ancora ci viene permesso di intravedere nel Vangelo una presenza e una parola viva ed efficace.
"Pace a voi". Sono le prime parole di Gesù rivolte ai suoi amici. Che cos'è la pace?
La pace non è primariamente assenza di guerra o di conflitto, la pace non è quietismo e non è assenza di violenza… primariamente la pace è una dimensione esistenziale che ti porta a sentirti completo in qualunque circostanza.
Ci sono persone che hanno tutto eppure non sono in pace. Penso banalmente alla mia persona… c'è una dimensione mancante in ognuno di noi che finché non trova il suo senso non è in pace nonostante abbia tutto.
Cos'è che può incamminarci nel sentiero della vera pace? La risposta viene di nuovo da Gesù quando dice "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".
La pace può sorgere dall'incontro con le piaghe dei fratelli e delle sorelle. Gesù va incontro all'incredulità di Tommaso, invitandola a toccare le sue piaghe. Esse costituiscono la fonte della pace perché sono il segno dell'amore immenso di Gesù che ha sconfitto le forze ostili all'uomo, il peccato e la morte. Gesù invita il suo discepolo a toccare le piaghe e questo è un insegnamento anche per noi: se tu non sei in pace, tocca le piaghe di Gesù.
Toccare le piaghe di Gesù vuol dire toccare i problemi, le difficoltà, le persecuzioni e le malattie i tanti che soffrono.
Non sei nella pace? Va a visitare qualcuno che è il simbolo della piaga di Gesù! Tocca quella piaga e da lì scaturisce la Misericordia per la persona che aiuti, ma ancor di più per te!
Avviciniamoci alle piaghe di coloro che soffrono, degli ignoranti, dei malati, degli sfiduciati, di coloro che sono nella depressione…
Le piaghe di Gesù sono un tesoro.
Da ogni ferita di Gesù nasce uno squarcio di luce. Ogni volta che noi ci prendiamo cura vicendevolmente delle nostre piaghe facciamo sì che quelle ferite si possono trasformare in feritoie di luce, luogo di misericordia e di umanizzazione.
Un ultimo elemento che emerge da questo Vangelo è la dimensione della Gioia. Dice il Vangelo "i discepoli gioirono nel vedere il Signore".
C'è una gioia che porta a Gesù attraverso quella ferita che noi, nuovi Tommaso, chiediamo di vedere e toccare. Se sei triste, se non sei nella pace, guarda a Gesù crocifisso, guarda a Gesù Risorto, guarda quelle piaghe e prendi quella gioia.
Queste due cose, la pace e la gioia, portano alla missione.
"Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi" dice Gesù.
La Resurrezione di Gesù è all'inizio di un dinamismo di nuovo amore che è capace di trasformare la realtà grazie allo Spirito Santo.
In questa comunità abbiamo una malattia, una piaga, di cui dobbiamo prenderci cura ed è quella del vivere mentalmente nel "passato mitologico"… quando si faceva la processione, quando si faceva la sagra, quando la chiesa era piena, quando quando…
Forse non siamo nella pace e non siamo nella gioia perché non ci siamo presi cura delle ferite della nostra comunità. Se ciascuno di noi non sente la chiamata ad essere mandato agli altri per primo vuol dire che non ci stiamo prendendo cura di questa piaga e che non nasceranno mai cose nuove per questa comunità, anzi questa che solo formalmente chiamiamo comunità è già morta dentro. Ecco perché la nostra chiesa è vuota!
Questa seconda domenica di Pasqua ci invita ad accostarci alla fede di Cristo aprendo il nostro cuore alla pace, alla gioia e soprattutto alla missione.
Ispiriamoci alla concretezza dei primi cristiani evitando i loro errori, ma è tempo di darsi una svegliata, è tempo di incontrare il Risorto qui tra noi e fuori di qui.
"Non c'è bisogno di parlare per diffondere la propria fede. Chi è pieno di gioia e di carità predica senza predicare" diceva Madre Teresa di Calcutta.
Gesù, donaci la fede, facci toccare le tue ferite, apri il nostro cuore e mostraci la tua gloria.
Tu che hai compreso la paura di Tommaso, che gli hai dato attenzione e tenerezza, che hai accolto il suo dubbio legittimo, rispondi alle nostre domande di senso e donaci un significato, trasforma le nostre domande in verità di salvezza e le nostre ansie in pensieri di pace.
Donaci la fede che asciuga le lacrime di chi non riesce a vederti, donaci la fede vera e sincera, ma semplice e umana.
Donaci la voglia di incontrarti nella nostra vita, il desiderio di fare esperienza di te, di stare con te. Che questa esperienza sia reale, presente oggi e sempre. Amen.
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