top of page
Cerca

II DOMENICA DEL TEMPO DI QUARESIMA - Anno C

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 16 mar
  • Tempo di lettura: 4 min

“Ancorati al Tuo Amore… illuminati dalla Tua Parola”

Dopo il tema della prova ora siamo chiamati a guardare alla luce che ci dona la Parola di Dio. 

Nel testo della Trasfigurazione Gesù, nella luce divina, rivela la sua vera identità. Nel momento in cui Gesù rivela la sua vera identità, svela e rivela la nostra vera identità più profonda che emerge quando la nostra umanità viene posta davanti all'umanità di Cristo e alla sua divinità.

La luce della Parola di Dio dona speranza nei tempi della vita privi di speranza.

Che cos'è la speranza per noi cristiani? Non è certamente il “speriamo che Dio me la mandi buona” bensì è l'intima certezza che Dio è fedele alle sue promesse.

La Parola illumina perché indica la strada da percorrere verso le promesse di Gesù che sono promesse di bene per noi e per tutta l'umanità.

Gesù si manifesta nella luce, ma non può farlo in maniera continuativa e totale perché non siamo in grado di comprendere e reggere tanta luce.

Provate a fissare il sole senza occhiali… ne rimarreste accecati. Così anche Gesù fa con noi.

I discepoli non capiscono quello che sta avvenendo e il disorientamento di Pietro è chiaro.

L'errore più grande è quello di voler fare delle tende come vorrebbe Pietro. Quando le cose vanno bene e ci piacciono noi vorremmo fermarci, è normale ed è umano… ma non è la logica di Dio.

È proprio lì che bisogna iniziare a camminare, crescere, faticare e lavorare prima che giunga il nuovo deserto.

Quando Abram riceve la promessa da Dio di una posterità, è già vecchio.

Quella promessa diventa una certezza per Abram, ma allo stesso tempo diventa l'inizio di un nuovo percorso che va al di là della sua età biologica.

Il profeta non ha chiaro come avverrà il compimento della promessa di Dio essendo lui vecchio, ma decide di mettersi in cammino e ha fiducia che Dio emergerà in qualche modo dalla realtà.

Quando noi ci lasciamo illuminare dalla parola? Verrebbe da dire quando c'è un pensiero che accoglie la parola, quando c'è un atteggiamento di ascolto e di confronto tra la parola e la realtà.

Nella nostra vita ci sono molti momenti che sono luminosi, ma non si può restare nella luce perché bisogna scendere a valle.

Noi siamo poco abituati nella quotidianità di ciò che viviamo attraverso la parola di Dio, ma è essenziale per poter ottenere un cambiamento.

Se la parola di Dio non viene conservata, meditata e condivisa allora diventa difficile un reale cambiamento in noi. Restiamo persone inconsapevoli del proprio limite e delle proprie potenzialità.

Quando l'esperienza del Tabor finisce Gesù scende a valle e lì trova un indemoniato da guarire.

I discepoli non sono in grado di liberare il povero indemoniato perché non sono ancora ancorati all'amore di Gesù e non sono ancora in grado di farsi illuminare da quella parola.

Noi viviamo nell'illusione, falsa e irraggiungibile, che essere cristiani voglia dire percorrere un cammino di perfezione… non è così.

Essere cristiani significa che noi facciamo memoria della parola di Dio e ci lasciamo coinvolgere nella vita concreta, quotidiana, da questa parola che più illumina più mostra la nostra oscurità. Più la luce ci illumina più ci acceca, più luce c'è nella nostra vita meno siamo in grado di stare in piedi da soli e abbiamo bisogno di aggrapparci gli uni agli altri, di aggrapparci a Gesù.

Questa è l'esperienza cristiana.

Se noi restiamo convinti che essere cristiani voglia dire essere perfetti allora continueremo a giudicare il nostro sacerdote, i nostri fratelli e sorelle che vanno in chiesa, coloro che hanno ruolo di governo tanto nella chiesa quanto nella società in modo assolutamente illusorio e ingiusto.

Io non sono chiamato a essere perfetto, ad avere un buon carattere e certamente non sono in grado di non commettere peccati.

Se Gesù mi illumina tutte queste cose contano Zero: non importano i miei peccati, non importano le mie imperfezioni e non importa quanto io possa essere aderente a quello che pensano gli altri sulla vita cristiana.

Ciò che importa è quella distanza che la trasfigurazione di Gesù mostra tra la mia e la sua umanità. Questa distanza ci può stimolare in un cammino autentico di cambiamento personale e collettivo.

Quando ci vediamo col gruppo catechesi adulti emerge proprio questo stile: ci si mette davanti alla parola in ascolto autentico, si guarda a come nella propria vita si sta camminando, ci si fa delle domande affidandosi ai consigli dei fratelli e sorelle presenti, si prova a intuire strade nuove e poi si prova a vivere con uno stile diverso.

Ecco che una semplice pagina scritta secoli fa diventa parola viva, ecco che non conta più il peccato e l'errore bensì conta il desiderio di percorrere quella strada e conta il fatto che ci proviamo a metterci in cammino.

Mi domando come mediamente noi cristiani di questa comunità riusciamo a fare questo tipo di cammino da soli.

Basta veramente essere qui a messa?

Sono sempre più convinto che non basti e sono sempre più convinto che non cammineremo mai sulla via di Gesù se non troviamo il modo di rendere reale e concreta la parola.

La parola deve essere messa a confronto con la vita, la parola deve generare discussione e soprattutto abbiamo bisogno di qualcuno di fronte a noi con cui confrontarci. 

Altrimenti la fede resta lettera morta, qualcosa che serve a giustificare il nostro infinito senso di colpa e la nostra inadeguatezza, diviene qualcosa che è veramente oppio dei popoli.

Quella parola di Dio o diventa esperienza di vita reale oppure è carta straccia e sicuramente non salverà la nostra vita.

 
 
 

Comments


  • Facebook personale
  • Gruppo Facebook
  • Instagram profilo personale
  • Pinterest
  • Instagram Icona sociale
  • YouTube Icona sociale
  • Tumblr Social Icon
  • Twitter Clean
bottom of page