III DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA - ANNO C
- Gabriele Semeraro
- 1 giorno fa
- Tempo di lettura: 5 min

Siamo sul lago di Tiberiade e Gesù è già apparso due volte ai discepoli, ma c'è ancora crisi nel cuore di Simon Pietro…
Questo si evince dal fatto che invece di iniziare un nuovo percorso di vita, lui torna a fare quello che faceva prima di incontrare Gesù.
Gli altri potevano però abbandonarlo e invece decidono di stargli vicino nonostante il suo tentativo di fuga. Tutti vanno a pescare, ma in qualche modo tutti sono ripiegati sul proprio dolore.
Non basta incontrare Cristo una o due volte perché le cose trovino il proprio posto, abbiamo bisogno di tempi distesi per elaborare le cose.
Bisogna sempre diffidare, per se stessi e per gli altri, delle conversioni lampo. Sono esperienze che non si danno il tempo di mettere radice e mettere radice è faticoso oltre che doloroso.
Mi permetto di suggerirvi su questo tema il libro “Piedi di cerva sulle alte vette” di Hannah Hurnard.
C'è però qualcuno che ha avuto la grazia di avere lo sguardo del cuore già sufficientemente maturo per poter riconoscere, in quello straniero in riva al lago, Gesù in persona.
Pietro e gli altri non sono in grado ancora di intuire la presenza di Gesù, ma si fidano di Giovanni che nel racconto assume un po' il ruolo della chiesa carismatica cioè quella che ha nuove intuizioni e percorre nuove strade.
Simon Pietro si mette in ordine, ma subito ha il coraggio di buttarsi in acqua.
Ricordate quando in un altro passo del Vangelo Pietro ha paura di camminare sulle acque? Evidentemente è cambiato qualcosa perché questa volta si butta in acqua pur di giungere fino a Gesù, ma c'è ancora qualcosa che nel suo cuore non è stato elaborato.
Quando Simon Pietro arriva a riva Gesù non aspetta di essere servito bensì ha già preparato qualcosa da mangiare a cui però vuole aggiungere il pescato dei discepoli. Gesù sempre si serve anche della nostra parte e la unisce alla sua.
Trovo interessante che i discepoli con gli occhi non riconoscono Gesù, ma si rendono conto perfettamente che è lui. Questa è un'esperienza che possiamo fare tutti: quante volte abbiamo fatto esperienza di Gesù e abbiamo sentito il suo profumo pur non vedendolo nella forma che noi ci aspettavamo?
Dicevo che Simon Pietro fa una nuova esperienza, ma prima di dirvi quale, desidero farvi una domanda… vi siete accorti che uso i due nomi per riferirmi a Pietro? C'è un motivo ben preciso ed è proprio collegato alla parte finale del Vangelo di oggi. A Simone viene cambiato il nome da Gesù in base alla missione che Gesù gli ha affidato, ma se il nome Pietro rappresenta la forza e la missione allora il nome Simone rappresenta l'uomo vecchio che è profondamente fragile. Nessuno dei due nomi può esistere senza l'altro!
È come se Simon Pietro avesse due anime: la fragilità della carne rappresentata da Simone e la forza della fede rappresentata da Pietro.
Gesù non parte a interagire col discepolo dopo la resurrezione riferendosi a lui come “Pietro” bensì riferendosi a lui nuovamente come “Simone”.
Per due volte Gesù chiama per nome quella fragilità che lo ha tradito e gli chiede se è capace di amare.
“Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?
Simone, figlio di Giovanni, mi ami?”
Simone implicitamente per due volte risponde abbassando il tono della conversazione infatti dice “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene” e poi “Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene”.
Simone si rende conto della propria incapacità ad amare Cristo, ma soprattutto vive il senso di colpa di averlo tradito e Gesù coglie perfettamente questa situazione tant'è che la terza richiesta cambia.
“Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?”
Pietro accoglie perfettamente la portata di questa domanda e sembra essere bloccato nel tradimento… tre volte ha tradito e tre volte gli viene chiesto il suo amore.
“Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene”
Gesù riesce a fare in modo che Pietro si riappropri della sua capacità di amare e di esprimere questo amore per come è capace di portarlo. Simone torna a essere Pietro nel momento in cui Gesù gli dice “Seguimi” cioè Simone torna a essere il discepolo di Gesù.
Questa storia ci viene raccontata perché la fragilità di Simone e la forza di Pietro sono in noi.
Gesù domanda a noi se siamo capaci di amarlo così tanto da tornare a essere suoi discepoli nella quotidianità della vita.
Non ci sono scuse nella via dei discepoli e delle discepole di Cristo… sei peccatore? Anche Simone! Non sai amare? Anche Simone! Non sai pregare? Anche Simone!
Il punto è quanto noi siamo disposti a ritornare discepoli e discepole che seguono il loro maestro nelle vie del mondo. Allora sì che saremo capaci di vedere e di fare il bene, allora sì che avremo la solidità della fede necessaria per intuire la presenza di Cristo sempre e ovunque… soprattutto nelle situazioni più difficili della vita.
Quello di oggi è un Vangelo potente che dice la resurrezione di Pietro e degli Apostoli, non la resurrezione di Cristo! Le apparizioni di Cristo ai discepoli hanno un valore propedeutico e hanno un valore curativo di anime fragili e piene di sensi di colpa.
È tempo di uscire da una modalità di cristianesimo fatta di norme, di morale, di dottrina e di momenti liturgici domenicali per passare a una vita che sappia autenticamente di Vangelo.
Questo vuol dire che intanto ciascuno di noi si riappropria delle parole di Gesù e le legge al di là della messa, dopodiché cerca di capirle bene per se stesso e infine prova a praticare il Vangelo nella quotidianità attraverso piccoli gesti e sguardi.
Non tiriamo fuori scuse del tipo “non ho un Vangelo” perché il telefonino l'avete tutti e il Vangelo si trova, non tiriamo fuori scuse del tipo “non sono mica un prete o una suora” perché il Vangelo è stato scritto per i laici e non venitemi a raccontare che non capite il Vangelo perché oggi su internet di commenti se ne trovano quanti volete (magari posso suggerire qualche commentatore un po' più solido e più moderno).
Non venitemi a dire che “non abbiamo tempo” perché per le cose che vogliamo il tempo lo troviamo e soprattutto se non hai tempo per formarti al Vangelo allora stai perdendo tempo qua in chiesa. Non serve a nulla essere qua se il Vangelo non proviamo a farlo diventare uno stile di vita, se il Vangelo non diventa occasione di accoglienza e di dialogo con gli altri.
Guardate che i cristiani centrati sul Vangelo e su Cristo sono cristiani che attraggono lo sguardo di tutti.
Invece coloro che hanno trasformato il cristianesimo in una religione e quindi in una serie di norme, comportamenti, morali e dottrine, cioè hanno trasformato il cristianesimo in una religione morta, puzzano di putrefazione e non hanno minimamente idea di quale sia autenticamente lo stile di Cristo.
Come per Pietro è tempo di scelte e di decidere se metterci in cammino dietro Gesù oppure balconare la vita sprecando l'occasione della vita.
Comments