IV domenica del tempo di Pasqua - Anno A
- Gabriele Semeraro
- 29 apr 2023
- Tempo di lettura: 5 min

Oggi è importante ricordare un dato fondamentale sul modo di leggere, ascoltare e interpretare qualunque brano della Scrittura. Si parte sempre e solo dal Vangelo e si rilegge, alla sua luce, tanto l'Antico quanto il Nuovo Testamento.
Questa è l'ottica base di ogni buon ascoltatore della Parola di Dio perché è dalla Parola del Verbo incarnato che si parte ad interpretare qualunque cosa. Se io non utilizzassi questo approccio oggi avrei rischiato di far dire alla Scrittura cose che non sono né vere né reali, ma condizionate da preconcetti morali e pseudoreligiosi, magari anche legittimi, ma non evangelici.
Oggi è importante partire dal Vangelo perché ci dice qual'é il punto di riferimento e qual'é il modo di intendere tutto il resto… è Gesù! Se non partiamo da lui allora noi rischiamo di sottolineare solo i passaggi in cui l'Apostolo ci dice che dobbiamo soffrire come Cristo, rischiamo di sottolineare ed esasperare il concetto della "generazione perversa" dandogli le connotazioni che noi vogliamo e rischiando di far diventare il cristianesimo una religione moraleggiante e non un cammino di discepolato.
Partiamo allora dicendo, alla luce del Vangelo, qualcosa su questi due passaggi facilmente fraintendibili di cui vi ho accennato.
Gesù non vuole la sofferenza di nessuno perché lui si è già caricato le sofferenze del mondo, ma l'Apostolo ci vuole dire che se noi siamo discepoli di Gesù possono affrontare le cose belle e quelle brutte in modo differente e autenticamente umano. Perché? Perché Cristo ci ha mostrato che è possibile farlo. Questo non vuol dire che non ci arrabbieremo, che avremo una paresi facciale sorridente e che come incoscienti ci butteremo negli eventi della nostra vita, ma significa che la nostra roccia è Gesù e che siamo certi del suo accompagnamento.
La "generazione perversa" per Gesù è quel gruppo di persone che, come gli scribi e i farisei, rifiutano la sua novità apriori. Rifiutano la novità portata da lui che non è una novità dottrinale, ma la novità di un Dio che rompe gli schemi meticciandosi con noi.
Se volessimo attualizzare oggi questa parola… dovremmo sentirla rivolta a noi. Rischiamo di essere noi gente di chiesa la generazione perverse che è incapace di vedere la novità che Cristo porta a questa generazione, alla nostra generazione.
"In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza".
La centralità è riconoscere Gesù quale signore e maestro della propria vita, ma il cambiamento di vita non ci deve portare a vivere in modo da separarci dagli altri.
Cerco di farmi capire…
Il papa tempo fa parlando, ai sacerdoti e dei sacerdoti, disse che il pastore deve avere l'odore delle pecore. Disse anche che il pastore deve essere davanti alle pecore per guidarle, in mezzo a loro per relazionarsi e cogliere i loro disorientamenti, e dietro di loro per raccogliere le più lente.
Questa immagine è vera però per tutti i cristiani nelle normali relazioni della vita. Dobbiamo essere davanti agli altri per provare a orientarci insieme, dobbiamo essere con gli altri per relazionarci con tutti e accorgerci delle altrui necessità, e dobbiamo essere dietro per aspettare i più fragili e lontani.
Orientare non significa imporre un certo tipo di morale, di leggi, di visione e di disciplina (religiosa o civile).
Orientare significa scoprire Gesù nella novità di oggi, della nostra vita, dei valori umani che emergono oggi. Dai valori umani che emergono oggi noi non prendiamo tutto, ma li lasciamo contaminare dal Vangelo e ci lasciamo contaminare dal Vangelo.
Gesù non si pone come il perfetto, anche se lo è, ma come la porta cioè il luogo di passaggio che però lui vuole aperto.
Gesù non si pone come signore del mondo, anche se lo è, ma come un pastore che guida e si mischia con le sue pecora così tanto da puzzare di pecora.
Il ladro, il brigante e il falso pastore non fa questo, ma predilige la rigidità perché incapace di fidarsi di se stesso e delle pecore.
Un ladro non si fida degli altri perché non si fida di se stesso.
Un pastore, in senso religioso, che non è più laico nel modo di porsi non si fida dei laici.
Un pastore che non si mischia con la gente è un piccolo dittatore che amministra un'azienda ecclesiale.
Una persona battezzata, a prescindere dal proprio ruolo nella chiesa, che è incapace di vedere le bellezze del mondo di oggi e di stare nelle sue fatiche, un credente che non è in grado di lasciarsi contaminare dai valori di questo mondo rileggendoli alla luce del Vangelo… è una persona fideista, a prescindere che sia un progressista o un conservatore, che segue un apparato di potere religioso, ma non ha più contatto con Cristo vivo.
Vi chiedo di non vivere queste mie considerazioni come un giudizio su nessuno, né laico né prete, ma come una riflessione proprio alla luce del Vangelo di oggi.
Il centro è l'esperienza che si è vissuta con il Risorto e non le regole, a volte giuste e necessarie, che servono alla chiesa in quanto struttura umana per andare avanti. In quest'ottica però vanno viste anche le leggi diciamo "spirituali".
Se la loro attuazione porta a fare del male alle persone allora non vengono dal Vangelo.
Se una norma o una prassi porta alla discriminazione, alla rigidità, all'innoccoglienza e al fideismo allora non viene dal Vangelo e non viene da Gesù.
Facciamo un esame di coscienza rispetto al nostro modo di vivere, di credere e di agire. Non guardiamo solo a ciò che facciamo in parrocchia, in chiesa, ma guardiamo a come viviamo dal momento in cui ci svegliamo al momento in cui andiamo a dormire.
Proviamo a segnarci dove percepiamo delle dissonanze, delle rigidità, delle inaccoglienze e dei pregiudizi.
Infine, per poter crescere, formiamoci. So che qualcuno ritiene inutile la formazione religiosa rispetto ad altri tipi di formazione.
So che molti di noi pensano di non avere le capacità culturali, intellettuali, teologiche e si pensa che non c'è tempo.
Eppure per le cose importanti della vita il tempo lo troviamo anche se non c'è.
Se essere cristiani è veramente fondamentale, senza per forza diventare teologi, possiamo dedicare un po' di tempo ogni mese alla nostra formazione.
Vi chiedi di fare questo sforzo e cioè di cercare di partire dai Vangeli e dal Papa.
Se non leggete, ma magari guardate qualche catechesi in TV o online, fate in modo di cercare materiale che parte dal Vangelo e dall'attuale Pontefice.
Se pensate di non farcela da soli stimolate le vostre comunità in tal senso.
Vi dico questa cosa perché il Vangelo è la parola viva di Gesù e il Papa ci dà l'orientamento di questa parola nel momento presente, nel mondo di oggi.
Poi possono esserci gli altri punti di riferimento, altri spunti (la divina commedia di Nembrini?), ma che siano cose fondate e non basate su rivelazioni private, apparizioni strane e presunti messaggi dal paradiso.
La finalità di tutto questo c'è la dice Gesù stesso "io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza".
La formazione non è fine a se stessa, non serve per diventare dottori ed esperti in questione di fede per poi, magari, indottrinare gli altri. Serve a noi per crescere e per stimolarci a nuove prospettive, personali e comunitarie, di fede.
E poi? Poi si esce e si vive.
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