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IV DOMENICA DI QUARESIMA ANNO C

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 30 mar
  • Tempo di lettura: 4 min

“Ancorati al tuo amore… per essere nella Gioia”

Siamo giunti alla quarta domenica del tempo di Quaresima, domenica che spezza il clima penitenziale e guarda già alla gioia della Pasqua.

Questo è evidenziato dal colore dei paramenti che sono rosa, è evidenziato dai testi della liturgia ed è evidenziato dalla parola di Dio che volge al tema della misericordia.

Cosa significa per noi essere nella gioia?

Noi troppo spesso non conosciamo il senso della gioia e lo confondiamo con l'appagamento e il piacere, con il comprare e con il possedere.

La Gioia invece non è questa roba qui perché la gioia è un atteggiamento di fondo del cuore e non può essere rubata tanto facilmente, ma soprattutto essa può essere presente in tutti i tempi della vita a prescindere che si siano positivi o negativi.

Lo Gioia non è assenza di difficoltà, non è quietismo e non riguarda la dimensione del fare bensì dell'essere.

Non so se vi è mai capitato di arrivare a fine giornata distrutti: tutto è andato storto, avete faticato dalla mattina alla sera e magari avete preso qualche sberla, ma arrivate a sera sapendo di aver fatto tutto quello che dovevate, di aver vigilato sulle vostre emozioni e provate una pace infinita. Si tratta di quella stanchezza buona di cui spesso parla il nostro vescovo… una stanchezza che sa di Vangelo, che dà gioia e pace.

È la gioia del padre della parabola il quale non rifiuta nulla ai suoi figli.

Provo tanta pena per il padre della parabola, immagine di Dio Padre, perché in fondo sembra un debole.

Ha due figli che sono uno peggiore dell'altro!

Uno vuole la parte del patrimonio che gli spetta dal padre.

Potreste dirmi: che problema c'è?

Nel mondo ebraico si poteva avere quella parte di eredità solo ed esclusivamente alla morte del genitore quindi chiedergli questa cosa mentre lui è in vita sta a significare che non si riconosce il proprio padre come vivo.

È come se il figlio gli avesse detto: tu per me sei morto.

Oltretutto questo figlio va e spende tutto in feste e prostitute.

Non è una persona né bella né buona.

Quando finalmente i morsi della fame lo toccano perché ha speso tutto ecco che torna a casa.

Guardate che non è pentito, ha solo fame… in fondo il ragionamento è: farò pietà a mio padre che non mi farà almeno morire di fame e quindi torno a casa anche facendo lo schiavo, ma almeno lo faccio in casa di mio padre.

Il fratello è una persona altrettanto brutta!

Resta a casa non perché ama il padre, ma per convenienza.

È a casa e gode di tutti i privilegi dell'essere in casa, ma non ama il padre bensì si relaziona con lui come uno schiavo.

Questo padre non ha saputo educare i due figli in modo corretto o meglio lui li ha lasciati liberi ed entrambi hanno fatto scelte discutibili.

Questo padre ha fatto del suo meglio e ora potremmo definirlo un uomo che vive sulla soglia di casa.

Un figlio è partito e lui ne attende il ritorno, l'altro figlio è in casa e lui aspetta il ritorno dai campi.

Ciò che cambia il cuore dei figli è proprio questo atteggiamento del padre, un'atteggiamento che può donare gioia ai figli.

L'uomo che ha speso tutti i suoi averi in prostitute torna a casa da schiavo e viene accolto da figlio, da figlio amato e ben voluto… ora scopre la possibilità di convertire il proprio cuore e trova la gioia dell'amore paterno.

L'uomo che è restato a casa ora fa i capricci e non vuole entrare, per invidia, e arriva a disconoscere il proprio fratello.

Lui che era libero si comporta da schiavo. 

Il padre è nuovamente fuori casa in cerca di questo figlio che con il cuore scappa via.

Questi due fratelli, entrambi privi di gioia, entrambi ancorati più al patrimonio che all'amore familiare, entrambi questi fratelli rappresentano perfettamente ciascuno di noi.

C'è chi resta nella chiesa e vive nella tristezza, vive nella depressione e nella meschinità… 

C'è chi scappa e sperpera tutto il patrimonio spirituale della chiesa svendendosi in molte forme di prostituzione…

Sulla soglia resta solo il padre, pronto a correre incontro a ciascuno di noi.

Sapete chi è il figlio più esposto a rischio? È quello che resta a casa, cioè noi che siamo in chiesa.

Gli altri scavano fino a giungere alle peggiori sfaccettature della loro umanità senza giustificazioni, scuse o qualsivoglia forma di misericordia. Loro sono pronti a convertire il loro cuore davanti a un padre che è disposto a corrergli incontro.

Noi che dovremmo essere nella gioia della casa di Dio, che dovremmo essere dispensatori di gioia e che dovremmo vivere tutto nella serenità che tutto ci appartiene… Noi siamo i più inclini a vivere da schiavi, a giustificare le nostre schifezze con mille teorie spirituali e viviamo spesso in una sorta di quietismo mortifero.

Ci arrabbiamo perché pensiamo che Dio sia troppo misericordioso, pretendiamo meriti semplicemente perché veniamo in chiesa e siamo testimoni non di Cristo bensì del diavolo.

Spesso tra noi ci sono divisioni, invidie, chiacchiericcio e siamo pronti a giustificare le nostre prostituzioni con la scusa che “non siamo mica Gesù Cristo”.

Dov'è la gioia dell'essere credenti? Dov'è la libertà di essere credenti?

Uno dei punti su cui siamo peggiori testimoni è proprio la gioia di essere discepoli e discepole di Cristo, dov'è la gioia di venire a messa, dov'è la testimonianza nella nostra vita che siamo persone libere?

La gioia è uno stato dell'anima, una dimensione del cuore, è uno sguardo sulla vita.

Non è qualcosa di spontaneo, ma nasce dalla relazione con Dio e tra di noi, nasce dal Vangelo e dall'esperienza di chiesa cioè di comunità.

Qualche giorno fa raccontavo a dei ragazzi che alcuni nella chiesa, con la scusa della fede in Gesù, hanno dato testimonianza di una chiesa: triste, misogina, omofoba, violenta, inaccogliente, attaccata alle presunte regole morali, alle ideologie di qualsivoglia natura… anche ideologie che si sono travestite da sinodalità…

Il cuore del vangelo è altro!

La gioia nasce dalla consapevolezza che il primato lo ha Cristo e che Gesù accoglie tutti.

Se non torniamo a questa consapevolezza, se il Vangelo non comincia a diventare espressione di una vita bella e se continuiamo a infantilizzare la fede con la scusa che chi mi sta davanti altrimenti non capisce… se noi non ritorniamo a essere persone serie che danno gioia, verremo giudicati perché abbiamo sprecato il dono di Cristo e perché non abbiamo portato la gioia del Vangelo a tutti.


 
 
 

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