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N. S. Gesù Cristo re dell'universo - Anno A

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 25 nov 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

Siamo giunti all'ultima domenica dell'anno liturgico e le letture già ci vogliono introdurre a un anno nuovo.

La prima lettura ci fa avvicinare alla tematica dell'avvento cioè all'Incarnazione del Verbo che da Dio, assolutamente trascendente e impalpabile, diviene un uomo in carne e ossa. 

La seconda lettura invece vuole sottolineare la dimensione salvifica basata certamente sull'Incarnazione, ma soprattutto sul sacrificio dell'uomo nuovo, il nuovo Adamo.

Se Adamo, che storicamente non è esistito, è immagine dell'umanità decaduta… in Gesù storico vi è invece l'immagine dell'umanità redenta.

Le letture di oggi ci fanno fare un cammino dall'Incarnazione alla Redenzione reale nella croce di Cristo.

Poi ci troviamo davanti a un Vangelo che letto alla luce di determinate categorie rischia di essere fuorviante. 

Gesù attraverso le immagini della parabola vuole dirci qualcosa di importante… attenzione perché non ci vuole dire qualcosa sul giudizio e sull'esito successivo alla morte, ma ci sta dicendo qual’è il modo di vivere per far sì che la nostra vita vada avanti bene anche oltre la morte. Per dirla in un altro modo: Gesù non vuole dirci nulla sul Paradiso e sull'Inferno, ma vuole dirci come vivere bene oggi per far sì che il Regno di Dio, che comincia qui sulla terra, possa proseguire oltre la vita terrena.

Mi trovo a sottolineare sempre un po' le stesse cose nelle ultime settimane… l'esito della nostra vita non si basa sulle manie religiose, sulle nostre convinzioni personali, non riguarda i nostri progetti e neppure sulla quantità di messe a cui abbiamo partecipato.

Il tenore della nostra vita è determinato soprattutto dall'amore che abbiamo concretamente esercitato con le mani, con la vita!

Dobbiamo avere chiaro la mentalità ebraica, quindi anche di Gesù, che era una mentalità estremamente concreta pertanto ciò che facevi nella tua vita aveva attinenza totale con il tuo cuore e con la tua mente. Nell'ottica ebraica non c'era scollegamento tra i vari aspetti della vita, ma formavano un unicum. Per capirci… non c'era l'ambito fede e l'ambito vita, ma le due cose erano la vita.

Il motivo per cui personalmente non amo troppo il linguaggio religioso, ma preferisco usare un linguaggio più laico possibile anche in chiesa è perché ritengo che il linguaggio crei la realtà oltre che veicolare dei contenuti.

Questo vuol dire che spesso il linguaggio religioso invece di mettersi in continuità con la mentalità di Gesù tende a frammentare la realtà dividendola in settori stagni.

Se io adesso vi dicessi: “ il Vangelo oggi vuole che siamo caritatevoli, che esercitiamo l'umiltà e la modestia. Ci invita alla Pietà, alla carità, alla vita spirituale autentica, ecc…” 

Capita bene che il messaggio che passa è sempre molto scollegato dalla realtà e ricadiamo in quella dinamica che divide la vita in settori che non comunicano tra di loro. 

Gesù non vuole creare una divisione con il mondo reale, concreto e autenticamente umano. Anche quando fa esempi attraverso le parabole, Gesù vuole comunicare qualcosa di estremamente concreto.

Se ci allontaniamo dalla concretezza rinchiudendoci in un linguaggio sacrale, religioso, rischiamo di fare lo stesso errore di un pezzo di chiesa che oggi soffre perché vive in un passato mitico. Chi ha nostalgia della chiesa di 40-50 anni fa è chi non si rende conto che un pezzo disumanizzante per la chiesa è stato proprio il linguaggio religioso che ha tradito il messaggio del Vangelo.

Il Vangelo oggi ci dice che se noi seguiamo Cristo, se ascoltiamo il suo Vangelo e se veramente la nostra devozione è autentica deve trasparire prima di tutto attraverso le opere. C'è una parola che io ripeto spesso nelle mie omelie in riferimento a come vivere il Vangelo, ed è questa “lo stile di vita”.

Questa frase sta a indicare l'essenza del mio modo di vivere, dice chi è il mio modello e in fondo afferma che io appartengo a Gesù.

Dare da mangiare agli affamati cosa significa? Significa occuparsi realmente dei poveri e i poveri non sono solo quelli che non hanno cibo, ma sono anche quelli che hanno fame di sapere… i giovani, chi non ha potuto studiare, gli stranieri. 

Il Vangelo ci sta dicendo, parafrasando don Milani, che m’importa e deve importarmi, di tutto e tutti! Tanto delle bollette della parrocchia quanto delle bollette di casa mia, mi deve importare tanto dell'economia del comune quanto di quella dello Stato. Significa che mi interessano i diritti delle donne, delle minoranze, delle comunità  discriminate e di tutti coloro che sono lontani. Significa che nelle relazioni in casa, nonostante il mio carattere spigoloso, cerco di costruire un clima sereno e relazionale. Non sempre ci riuscirò, ma ci provo.

Significa costruire relazioni autentiche a lavoro, significa costruire relazioni autentiche qui in comunità.

Significa dismettere il linguaggio clericale, per quanto riguarda la parrocchia, e cominciare a essere concreti al di là dei ruoli.

Su questo aspetto voglio entrare a gamba tesa perché se è vero che il linguaggio veicola contenuti è ancor più vero che genera realtà.

Quando Gesù parla e quando Gesù agisce non c'è mai un discorso eccessivamente religioso e le sue azioni non sono mai in dissonanza col linguaggio.

Noi invece sembriamo schizofrenici. Ci sono persone, e non sono sempre anziani, che su qualunque cosa utilizzano un linguaggio religioso per manipolare gli altri e generare in loro senso di colpa. Di finti ortodossi della fede che anche nelle litigate utilizzano il linguaggio religioso, i sensi di colpa, citano i santi e i papi a loro piacimento… ne abbiamo troppi. Di predicatori che utilizzano un linguaggio ormai totalmente incomprensibile dal 99% della popolazione ne abbiamo troppi.

Quando Gesù racconta una parabola e usa un determinato linguaggio non sta battendo sul fatto che bisogna mantenere quel linguaggio invariato oppure quegli esempi e quella forma, ma sta veicolando un contenuto con un linguaggio comprensibile ai suoi contemporanei. Guardate che il motivo per cui abbiamo bisogno dell'omelia, della predica, è proprio per non cadere nel rischio dello spiritualismo disincarnato, manipolatorio e violento.

Allora quando leggete questo Vangelo, questo è il mio suggerimento e la mia interpretazione, non pensate alla fine del mondo, ma pensata come cavolo stiamo vivendo ora. Gesù non sta suggerendo solo quelle opere di misericordia, ma ci sta dicendo di vivere tutto con un determinato sguardo che è uno sguardo attento a ciò che avviene attorno a noi.

Tutto il resto sono chiacchiere da salotto teologico, da faccendieri della religione che di fede non hanno capito nulla e soprattutto non hanno capito nulla di cosa vuol dire essere discepoli e discepole di Gesù nella vita reale.

Guardate alla parabola di oggi e ricordatevi che il cuore di questa parola di Gesù punta ad aiutarci a vivere concretamente.

Abbiamo bisogno di tornare ad azioni concrete che dicano a chi apparteniamo realmente.

Per questo nuovo anno liturgico che sta per iniziare proviamo a impegnarci in questo senso e dismettiamo, la dove è possibile, qualsiasi linguaggio eccessivamente religioso, teorico e disumanizzante per passare ad azioni di concreto amore.

 
 
 

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