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Nostra Signora del Carmelo - Finalborgo - domenica 21 luglio 2024

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 21 lug 2024
  • Tempo di lettura: 6 min

La parola di Dio di oggi è particolarmente ricca e ha mille risvolti dal punto di vista della fede, della spiritualità e della vita.

Vorrei partire dal Vangelo che ha come centro la domanda di Gesù “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”

Il Vangelo di oggi ci parla di famiglia e in particolare di cosa voglia dire essere famiglia con Gesù.

Il Vangelo ci porta una buona notizia che è per tutti e una brutta notizia che è per quelli che si credono a posto dal punto di vista della morale e della fede…

La brutta notizia è che non basta essere battezzati per essere parte automaticamente parte dalla famiglia di Dio, la brutta notizia è che non basta essere a posto con i sacramenti per poter vantare qualche privilegio, la brutta notizia è che Cristo considera membri della sua famiglia coloro che scelgono di provare a cambiare il proprio modo di guardare e vivere il mondo.

La buona notizia è che non servono legami di sangue, non importa se siamo maschi o femmine e non serve l'appartenenza a qualche organizzazione, foss’anche la chiesa stessa, per essere parte della famiglia di Dio.

Cosa dice Gesù?

“Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”.

Dobbiamo guardare alla concretezza delle parole perché il Vangelo non dice che se uno è battezzato, se uno prega tanto, se uno ha buoni sentimenti e buoni pensieri allora fa parte della famiglia di Dio.

C'è quel verbo “fare” che implica un'azione concreta.

Cosa vuol dire per noi “fare la volontà di Dio”? Questa è la domanda centrale.

Gesù sta facendo un sacco di azioni orientate alle persone che lo circondano: ascolta, ha sguardi di benevolenza, compie gesti d'amore, guarisce le sofferenze, si mette in relazione sotto ogni punto di vista.

Difficilmente troviamo nei Vangeli, da parte di Gesù, una dinamica di esclusione. Solitamente quando troviamo una dinamica di esclusione è diretta verso coloro che si credono a posto nella fede: scribi, farisei, sadducei, maestri della legge e sacerdoti.

Attenzione perché noi possiamo essere qui in chiesa anche tutti i giorni, ma essere nella condizione degli scribi e dei farisei… persone piene di morale e di dottrina, ma che non fanno parte della famiglia di Dio perché non ne condividono lo stile di vita e lo sguardo.

Permettetemi anche oggi di dire i miei tormentoni su questo tema…

Non possiamo permetterci di essere coloro che puntano il dito se siamo discepoli di Gesù. Ogni volta che puntiamo il dito contro qualcun altro, fateci caso, 2 dita accusano l'altro e 3 accusano noi stessi.

Dobbiamo stare attenti a non essere persone indottrinate, arroganti e moralizzanti da dimenticare che lo scopo della vita di fede che non è la morale e non è la perfezione.

Sperando di non essere noi qui presenti quelle persone… Avete presente? Quelle persone che hanno una risposta a tutto, quelle persone che pur di far valere una certa dottrina e una certa morale diventano aggressive e violente, quelle persone che se il predicatore non dice quello che pensano loro oppure non usa il linguaggio teologico (magari il linguaggio comune dice di più e meglio il contenuto di fede) allora sono pronte a correre in sagrestia a correggerlo o peggio a buttargli fango addosso fuori.

Cristo non ha questo sguardo.

Dobbiamo imparare a guardare al vangelo e a contestualizzarlo, dobbiamo imparare a distinguere: a chi Gesù si rivolge all'interno del Vangelo, dobbiamo imparare a lasciar parlare il Vangelo senza caricarlo di sovrastrutture di qualunque tipo… anche strutture legittime come la morale o il codice di diritto canonico oppure la dottrina cattolica. Tutto va interpretato e attualizzato.

Voglio far notare anche che abbiamo meditato a lungo nella novena su cosa vuole dire per Maria essere Madre, del Dio Incarnato e dell'umanità, ma abbiamo anche riflettuto sui risvolti concreti dalla nostra vita.

La paternità e la maternità, la sorellanza e la fratellanza, non sono una questione di identità biologica oppure di sangue… sono piuttosto questione di assunzione di ruolo e di responsabilità.

È un modo di guardare agli altri che ci rende padri, madri, sorelle e fratelli.

Inoltre l'esperienza umana ci dice che questo rapporto non è né automatico né indolore. Essere all'interno di una relazione familiare implica conflitti e fatiche, armonie e gioie. Al centro di una famiglia funzionale c'è l'amore che si esprime attraverso azioni concrete a volte anche conflittuali.

Ricordate in un altro testo Gesù dice di non essere venuto per portare pace sulla terra bensì conflitto, portando come primo esempio proprio la divisione e il conflitto all'interno della famiglia stessa.

Noi non possiamo parlare autenticamente di famiglia, neanche come comunità cristiana, se ci facciamo intrappolare da certe ideologie religiose.

Qui non c'è una riflessione da parte di Gesù su cosa voglia dire essere famiglia naturale oppure famiglia cristiana, discussione inutile che polarizza i bigottoni di oggi, ma punta al cuore dell'atteggiamento credente: non importa se sei maschio o femmina, non importa se sei sposato o se sei divorziato, non importa chi sei, non importa chi ti piace e non importa dove vai… importa il tuo modo di stare nel mondo, il tuo modo di guardare all'altro, il tuo modo di mettere in atto comportamenti d'amore.

Nelle ultime settimane mi avete sentito più volte ribadire nelle mie prediche alcuni termini che qui voglio ripetere.

La persona cristiana che vuole essere parte della famiglia di Cristo deve assumere uno sguardo interiore sul mondo, deve rivedere il proprio modo di pensare e soprattutto deve agire in un certo modo.

I cristiani che si lamentano e dicono che nel mondo va tutto male, quelli che sono razzisti, quelli che sposano certe dinamiche di violenza che portano a situazioni disastrose, le persone che se possono hanno sempre da dire una parola cattiva su tutti, coloro che usano un linguaggio religioso per aggredire la persona che gli sta di fronte, coloro che per una presunta ortodossia della fede diventano disumane, coloro che la fede è tutto una tristezza e una fustigazione continua… devono sapere che questo non è lo sguardo di Cristo, questo non è essere chiesa e questo va contro ogni insegnamento rispetto alla figura stessa di Maria.

Lo sguardo di Maria e di Cristo sono orientati a quella bellezza che ancora non si vede, ma loro in noi la vedono al di là del peccato. Lo sguardo porta a pensieri, che seppur realisti sulla situazione del male nel mondo, sanno che non è tutto disperazione e dolore, ma che Dio interverrà non con la fine del mondo bensì attraverso persone misericordiose maestre di pace.

Le azioni, a volte anche se dure, devono rispondere a quello sguardo e a quell'atteggiamento del cuore.

In poche righe ci viene spiegato, alla luce dell'intera scrittura, cosa voglia dire fare famiglia con Gesù.

Nessuno di noi è perfetto, ma Dio non ci chiede di essere perfetti bensì ci chiede di provare ad averlo come orizzonte e come parente che può orientarci.

Se oggi tanti, troppi, sono lontani dalla fede è perché noi non siamo stati capaci di fare alcune cose: di fare famiglia con loro, non abbiamo avuto atteggiamenti benevoli, abbiamo sbattuto in faccio a loro mille dottrine e mille morali inutili. Se non abbiamo portato Cristo a tutti è perché abbiamo posto limiti a tutti coloro che, nella nostra presunzione personale, abbiamo deciso essere gli esclusi. Abbiamo usato ogni scusa per non far entrare queste persone nella famiglia della chiesa e anche di Dio.

Noi risponderemo di questa cosa, soprattutto chi tutt'oggi continua a escludere queste persone, ma Dio se ne frega di noi e delle nostre dottrine “perché chiunque fa la volontà del Padre mio che nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre”.

Concludo con una cosa che, apparentemente, c'entra poco con la parola di Dio di oggi, ma in realtà mostra come la nostra devozione verso Maria Madre del Carmelo sia perfettamente nell'ottica del Vangelo di oggi.

Non so quanti di voi conoscono la storia dello scapolare del Carmine.

Lo scapolare è un grembiule che molti ordini religiosi indossavano ed era uno strumento di lavoro. Era un grembiule che si metteva sopra l'abito per evitare di sporcarlo durante il lavoro.

Secondo la tradizione Maria apparve a San Simone Stock, primo superiore e legislatore dell'ordine carmelitano, promettendo che chiunque avesse indossato lo scapolare con devozione, il primo sabato dopo la propria morte, che sarebbe stato anmesso nel regno dei cieli.

Le condizioni per accedere a questo privilegio erano: di indossare lo scapolare fedelmente, di avere il più possibile una buona vita e di avere il più possibile una buona vita spirituale.

Anche qui i puristi vi diranno che in realtà si tratta del rosario, che in realtà si tratta di un certo tipo di comportamento, che si parla di eucaristia, ecc…

Il testo è antico e le parole hanno una scadenza per cui vanno reinterpretate in modo tale che veicolino i medesimi contenuti… pertanto la mia azione di oggi è stata quella di veicolare certi contenuti sia per quanto riguarda la sacra scrittura sia per quanto riguarda la devozione dello scapolare.

Però vedete come il privilegio sabatino, che è la cosa che vi ho appena spiegato, in realtà si innesti perfettamente nella logica del Vangelo di oggi.

I frati e le suore dell'ordine del Carmelo definiscono Maria “Madre e sorella” proprio partendo dalla promessa fatta a San Simone Stock.

Allora la spiritualità carmelitana risuona del Vangelo di oggi e chiede lo stesso impegno di vita richiesto da Cristo nel Vangelo.

Il Signore non ci renderà migliori per magia, non forzerà la nostra volontà e non sarà lui ad escluderci dalla sua famiglia, ma saremo noi se sceglieremo di essere persone dure e intransigenti che sanno solo valorizzare il male dimenticando che Cristo ha vinto tutto.

Maria Madre e Regina del Carmelo prega per noi.

 
 
 

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