Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo - Anno B
- Gabriele Semeraro
- 23 nov 2024
- Tempo di lettura: 4 min

Siamo giunti all'ultima domenica dell'anno liturgico e le letture ci accompagnano verso l'incontro con la figura di un Dio vittorioso, vittorioso sul mondo e vittorioso sulla morte.
Questo re che viene, in qualche modo immaginato, intuito, dal profeta Daniele è un re universale che domina su tutto e tutti.
Si tratta di un re che porta pace e soprattutto si tratta di un re il cui il regno dura in eterno.
Apocalisse invece tende a spostare questa figura in avanti rispetto ad una lettura troppo attualizzante. Invece se leggiamo i dettagli vediamo, mi sembra, alcuni riferimenti al rito Pasquale. Sono tutte parole in riferimento al rito pasquale… Alfa e Omega, colui che è, che era e che viene.
Usciamo dalla logica millenaristica e leggiamo le letture proprio nell'ottica di un Dio che viene oggi, nella mia storia, e che regnerà per sempre.
Qual è stata la massima gloria per Gesù sulla terra?
Noi come il profeta Daniele tendiamo a confondere la gloria umana con la gloria nell'ottica di Dio. Certamente son tutte vere le cose che dice Daniele come le cose che dice apocalisse, ma la massima gloria di Gesù è stata la croce. La sua incoronazione inizia proprio con il colloquio davanti a Ponzio Pilato di cui oggi abbiamo letto un piccolo stralcio.
Gesù dice chiaramente “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei: ma il mio regno non è di quaggiù”.
C'è una regalità che è oggettiva, ma c'è un riferimento chiaro a un regno che non è qui.
Gesù viene nel mondo per manifestare, nella verità, chi è questo Dio e a quale regno ci vuole destinare.
Il regno di Dio comincia qui sulla terra, ma non si auto-conclude qui sulla terra.
Il regno di Dio ha tutte le caratteristiche della fragilità ed è proprio questa la grande forza di questo regno.
Davanti a un re politico, Ponzio Pilato, che pretende di dimostrare la sua regalità con l'esercizio di un potere violento Gesù risponde lasciandosi inchiodare la croce. Davanti a un mondo che pretende un salvatore glorioso nato in modo sfarzoso, Dio risponde con un bambino che nasce in una mangiatoia.
La regalità di Cristo dice tanto di quella che è la regalità dei discepoli, perché anche noi discepoli siamo chiamati ad essere: re e regine, sacerdoti e sacerdotesse, profeti e profetesse.
La strada che ci viene proposta non è diversa da quella di Gesù! Questo deve esserci totalmente chiaro.
In un altro punto della scrittura Gesù dice “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per il proprio amici”.
È inutile che ci giriamo attorno… la fede ci obbliga a entrare nella vita di tutti allo stesso modo in cui l'attraversa un non credente, ma con una prospettiva nettamente diversa. Ciò che rende diversa la nostra vita non è la religione bensì il cammino di fede che ci viene proposto attraverso un cammino assolutamente ordinario e proprio per questo straordinario.
Io mi ammalo come gli altri, mi faccio male, cado, ho le stesse “sfighe” e le stesse “fortune” degli altri… ma io ho una prospettiva di vita diversa. Perché? Perché la mia prospettiva è Gesù! La mia prospettiva è l'eternità! La mia prospettiva è questa umanità!
Cerchiamo di non vivere questo cammino di Avvento che inizierà settimana prossima in un modo triste, idealizzato e vuoto.
Faremo tutto quello che fanno gli altri, ma ricordiamoci che il nostro Dio nasce in una culla povera e semplice.
Il massimo del regalo di Gesù è stato un po' di latte dal seno di Maria, il suo riscaldamento è stato qualche animale e la sua sicurezza è stata Giuseppe.
Gesù ha percorso una via non solo ordinaria, ma ordinaria tra le persone più semplici.
Vi dico subito che Gesù non era povero, è una fesseria, Gesù era di famiglia nobile e benestante. Sicuramente non era ricco, ma suo padre è un carpentiere quindi lavoro ne aveva.
Questo re universale sceglie la via della normalità e questa via lo conduce sul Golgota. Certamente noi sappiamo che l'esito del Golgota è fondamentale per ciò che avviene dopo, ma è un passaggio che noi non possiamo spostare neppure per noi stessi.
La regalità di Cristo non è quella che viene annunciato da certi comizi, da certi gruppi eretici e da certi gruppi fanatici. La via di Cristo è una via fatta di cose normali e del dolore ordinario della vita umana sovraccaricato dal dolore del mondo.
Gesù è re universale per questo motivo perché si è fatto carico del dolore universale e della morte universale. Ai suoi discepoli e alle sue discepole chiede di essere “degli altri Cristi”.
Guardate a colui che nella chiesa cattolica chiamiamo l'alter Christus: Francesco d'Assisi.
Francesco sceglie una via estrema, ma diventa un altro Cristo soprattutto per la fascia più povera della popolazione del suo ambiente.
Vedete che il Vangelo di oggi ci smonta qualunque mania religiosa, ci smonta qualunque ossessione religiosa e qualunque ossessione morale.
Io non sono di quei preti che vi dirà di non festeggiare in maniera consumistica questo Natale… fate l'albero, il presepe, le decorazioni, le luci alla finestra e i regali perché questo ci serve per tirarci umanamente su l'anima. Però ricordatevi che il Natale non è quella roba lì. La luce del mondo è una e quella luce ha attraversato i luoghi più oscuri in cui anche noi, come battezzati, siamo chiamati a scendere che ci piaccia o no. La strada dei discepoli e delle discepoli di Gesù passa attraverso il tribunale di Pilato e la croce sul Golgota.
Farò una cosa diversa oggi e vi lascerò qualche spunto per la riflessione personale a casa:
Che immagine ho in me di Gesù Cristo? Lo penso come uno dei potenti della terra oppure è veramente una persona in cammino con me?
Quanto la mia fede è ancora infantile? Mi rendo conto che Gesù non è una figura fittizia, che Gesù mi chiede di attraversare il dolore anche degli altri? Sono consapevole che Gesù non mi risolve i problemi, ma percorre la mia stessa strada e mi fa da guida?
Sono disposto, in questo nuovo anno liturgico, a mettermi in gioco di più dal punto di vista della fede vissuta concretamente? Sono disposto a mettere in discussione le mie presunte certezze, umane e religiose, pur di fare la volontà di Gesù?
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