Presentazione di Gesù al tempio - Anno C
- Gabriele Semeraro
- 1 feb
- Tempo di lettura: 5 min

La festa di oggi è una festa particolare che forse, a causa della riforma liturgica post-conciliare, facciamo fatica a comprendere. Questa festa nel tempo ha assunto tanti nomi in base alle sottolineature che si sono date: “Candelora” in riferimento alle candele che liturgicamente vengono benedette, festa “della purificazione di Maria” in riferimento alla legge giudaica rispetto alla purità rituale delle donne e infine festa “della presentazione del Signore”.
Di fatto questa ricorrenza concludeva le feste di Natale ed è il motivo per cui tradizionalmente il presepe nelle chiese andrebbero smontati dopo il 2 febbraio.
Le letture di oggi ci portano di nuovo a un annuncio che ha il sapore del Natale, ma con delle sfumature molto particolari e poco comuni.
La prima lettura, dal profeta Malachia, è evidentemente una lettura natalizia in quanto si parla della venuta del Signore e del culto perfetto. Dello stesso sapore è il salmo responsoriale.
La Lettera agli Ebrei invece sottolinea il legame tra il Dio incarnato e l'umanità, legame fondato sul sangue umano… che è un modo per dire che Dio realmente è diventato uno di noi.
Il Vangelo invece percorre un sentiero strano e certamente poco usuale rispetto agli altri brani.
Mi vien da dire che se è vero che al centro del brano resta Gesù, in realtà la lente si focalizza su questi due anziani: Simeone e Anna.
Si tratta di due anziani, due persone che sono al termine della loro vita, due persone che hanno vissuto e sofferto tanto.
Queste due figure sono importanti perché dicono un modo diverso di affrontare la vecchiaia, un modo diverso di stare nel mondo e nella chiesa.
Queste due persone non hanno più nulla da dare dal punto di vista lavorativo ed economico, ma la loro vita non è finita. Entrambi, in modo differente l'uno dall'altro, diventano testimoni autorevoli della fiducia in Dio e nel futuro.
Vorrei passare ore a parlare di queste due figure perché hanno tanto da insegnare a noi personalmente e alla nostra chiesa.
Sono persone che hanno vissuto nel mondo, sono persone che hanno vissuto la liturgia comune, sono persone che hanno una vita spirituale personale e sono persone che guardano alla comunità… soprattutto sono persone che guardano al futuro e si fidano ancora di Dio.
Ecco perché sono Profeti!
È uno stile di fede, una fede che non si piega, ma resta in piedi davanti alla vita.
Non sono a mugugnare per ogni minimo cambiamento, non sono rattristati dalla vita e non sono schiacciati dal peso della depressione umana o spirituale. Sono un uomo e una donna che danno una scossa positiva alla loro vita.
La vita consacrata, per intenderci i frati e le suore, vedono in queste due figure una sorta di riferimento ed è proprio per questo che oggi si ricorda e si celebra la vita consacrata.
Mi permetto di dire però che queste due figure dicono proprio un amore per Dio e per la vita.
Oggi celebriamo anche la 47° giornata mondiale per la vita e non posso non dirvi il mio fastidio nel vedere come nella chiesa cattolica si sia distorto questo concetto.
Alla fine della messa sentiremo un messaggio del CAV, ma mi permetto di anticipare che la giornata per la vita non può e non deve essere semplicemente una campagna di sensibilizzazione di politica ecclesiastica rispetto al tema dell'aborto.
Questa giornata nasce dal brano di oggi in cui due anziani hanno una postura spiritualmente dritta, hanno uno sguardo di fiducia sul mondo e soprattutto si fidano di Dio al di là di ogni evidenza della lorovita.
Non sono dei vecchi passivi, ma diventano guida ed esempio per tutti.
Non si può ridurre questa postura spirituale a una questione ideologica, politica e dottrinale. È una questione antropologica cioè profondamente umana!
La provocazione dovrebbe colpire noi adulti con una violenza e una forza incredibile. Mi permetto di dire che dovrebbe colpire soprattutto gli adulti e gli anziani.
L'atteggiamento di vita di Simeone e Anna è un atteggiamento del cuore e un'impostazione che volge non al passivismo bensì all'attenzione reale e ad azioni concrete.
Se vogliamo parlare di accoglienza e di tutela della vita non possiamo farlo in chiave ideologica e non possiamo farlo riducendo tutto alla alla stupida e banale affermazione “aborto sì - aborto no”.
La cultura della vita non si favorisce con le parole o con gli slogan, non si favorisce con le proibizioni o le battaglie ideologiche bensì attraverso la formazione culturale e una formazione culturale che sia ampia su questo tema.
Il tema della vita riguarda i migranti, i barboni, i poveri nel mondo e tanto altro…
Il tema della vita riguarda la solitudine dei nostri anziani in città, delle famiglie disagiate dei nostri quartieri e le persone malate.
La promozione della vita si fa con la cultura, una cultura che si fa azione concreta e che non aspetta le istituzioni… che esse siano civili o ecclesiali.
La cultura alla vita dice che io devo mettermi in gioco senza aspettare il prete o l'istituzione. Ciascuno risponde per sé.
Simeone ed Anna non hanno delegato al tempio o ai rabbini la preghiera, la Carità e l'accoglienza.
Il Vangelo di oggi è un Vangelo ricco e avremmo potuto soffermarci sulle figure di Giuseppe e Maria, sul culto e su tanto altro. Credo invece che dobbiamo stare sulle tematiche che la liturgia e la chiesa ci propongono.
Quindi: Gesù che rispetta la legge giudaica immagine di una fedeltà cultuale alla struttura, il tema della vita adulta responsabile che si fa azione concreta vigilante e il tema di una cultura alla vita che sia autenticamente evangelica.
Mi assumo i rischi e la responsabilità personale di quello che sto per dire.
Non è nostro compito fare azioni politiche per l'abolizione o la modifica della legge 194 perché questo non sarebbe rispettoso né del libero arbitrio né della dignità della donna.
Noi dobbiamo lavorare sulla cultura alla vita attraverso azioni personali, educatice e azione politiche volte a favorire la vita a 360°.
Dobbiamo agire a livello personale e a livello d'istruzione lavorando e promuovendo l'accoglienza degli stranieri, lavorando sul tema dell'indigenza, lavorando sul tema della povertà economica e culturale, promuovendo già all'interno della famiglia una formazione sia alla sessualità sia all'affettività sia alla contraccezione, si deve tornare a una visione antropologica profondamente cristiana cioè derivante da Cristo stesso.
La logica dell'esclusione per le scelte personali, per gli orientamenti personali, per le forme familiari che si sono scelte o per qualsivoglia motivo deve uscire dal nostro vocabolario e dal nostro modo di vivere.
Gesù offre la sua carne al tempio come la offrirà sulla croce in maniera più vera e definitiva.
Questa offerta non è per chi si sente a posto col codice di diritto canonico e per chi è a posto con il catechismo della Chiesa Cattolica, ma questa offerta è soprattutto per i più fragili e i più esclusi.
La vera cultura alla vita passa dall'inclusione e passa attraverso l'amore concretamente vissuto attraverso sguardi e gesti.
Tutto il resto è solo ideologia.
Abbiamo bisogno di persone che ci mettano la faccia e paghino le conseguenze delle loro scelte in modo radicale. Abbiamo bisogno di profeti così, di pastori così!
Se la chiesa muore è perché tutti noi abbiamo smesso di praticare l'amore e abbiamo scelto di praticare la legge Canonica arrivando ad essere violento nel mondo civile con chi fa scelte differenti dalle nostre.
Se la chiesa muore e perché abbiamo smesso di fidarci di Dio e dell'umanità.
Lo Ribadisco…
La vera cultura alla vita passa dall'inclusione e passa attraverso l'amore concretamente vissuto attraverso sguardi e gesti.
Tutto il resto è solo ideologia!
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