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Santissima Trinità - Anno B

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 25 mag 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Abbiamo festeggiato la Pasqua, abbiamo visto Ascendere Gesù al cielo e domenica scorsa abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo che ci ha costituito come chiesa.

Avendo ricevuto lo Spirito di Dio siamo pronti a comprendere pienamente chi è Dio.

Quando a scuola spiego la differenza tra le varie religioni e la differenza rispetto al modo di concepire Dio, mi ritrovo sempre a dover rinchiudere tutto dentro a delle categorie.

Se riduciamo Dio a delle categorie religiose e filosofiche dobbiamo parlare della visione panteista, politeista, atea e monoteista. 

All'interno del monoteismo poi troviamo un sacco di cose: il monismo cioè tipo l'Islam in cui Dio è totalmente altro rispetto alle sue creature e richiede totale sottomissione, il monoteismo puro come l'ebraismo in cui Dio è totalmente altro rispetto alle sue creature e desidera entrare in relazione con loro, il monoteismo poliforme come la religione Hare Krishna in cui l'unico Dio si esprime attraverso molte reincarnazioni,  infine troviamo il monoteismo relativo come nel cristianesimo dove Dio è Uno e nel medesimo tempo è Trino… è totalmente altro dalle sue creature e diviene una di loro.

Gesù però non è venuto raccontarci del monoteismo relativo, ma è venuto a rivelarci e donarci la sua stessa vita divina.

L'unico scopo dell'Incarnazione, della vita tra di noi, della Passione, della morte, della sepoltura, della Resurrezione, dell'Ascensione e della Pentecoste è quella di condividere con noi l'intimità che Dio Figlio vive nella Trinità.

Questa intimità è un'intimità d'amore, di condivisione e di desiderio di portare tutte le sue creature all'interno di Dio, all'interno della vita Divina.

È la distinzione tra la religione morta e la fede cristiana.

Quando ci lamentiamo del fatto che “nella chiesa ci sono troppi cambiamenti” (quali è tutto da capire), quando ci lamentiamo del Papa caricandolo di significati che il suo ruolo non ha, quando contestiamo le prassi moderne rispetto al mondo sacramentario, quando ci arrocchiamo più alle nostre forme esteriori che alla vera vita di carità (la messa in latino, la comunione in bocca, ecc…)...

Noi non stiamo vivendo la dinamica della fede bensì della religione.

Lo scopo della religione è mettere in ordine, dare norme, inquadrare e cercare di definire ciò che riguarda il mondo spirituale con categorie umane.

Tutte le credenze religiose sono nell'ottica della religione. Lo scopo della religione, per definizione, è “dare ciò che è dovuto a Dio”.

In quest'ottica non esiste carità, non esiste elasticità, non esisteva evoluzione e non esiste che si tenga conto dell'umanità dell'altro. Non è l'ottica del nostro Dio che è relazione in se stesso.

La fede in Gesù Cristo e nella Trinità, se è fede e non religione, presuppone una dinamicità fondata sulla relazione stessa di Dio, con Dio e tra di noi.

Ecco perché esistono varie tradizioni all'interno della chiesa e all'interno delle chiese.

Ogni tradizione cristiana ha intuito, guardandosi attorno, cosa Dio gli stava chiedendo e come Dio emergeva in quella realtà.

Troppo spesso abbiamo concepito Dio come immutabile, ma la relazione presuppone mutamento, cambiamento ed evoluzione.

Nel momento stesso in cui la seconda persona della Santissima Trinità decide di diventare un essere umano… Ecco che introduce in Dio la possibilità del cambiamento.

Dobbiamo stare attenti ad imparare da Dio la Carità e di non trasformarlo in un soprammobile come hanno fatto alcune tradizioni anche all'interno del Cristianesimo.

Dio non è semplicemente il motore immobile (filosofia greca), non è il giudice immutabile e severo di certe tradizioni spirituali cattoliche, non è il Padre duro e inflessibile che ci punisce ad ogni starnuto che facciamo… questo non è il Dio che ci ha rivelato Gesù Cristo con la sua vita.

Se vogliamo capire chi è Dio guardiamo a come è vissuto Cristo: la Carità, la gentilezza, i gesti di accoglienza, la sospensione del giudizio, la fraternità, ecc… Gesù non è un uomo che ci racconta Dio, ma è Dio incarnato che si racconta.

Guardare alla Trinità oggi significa guardare alla sua vita interiore cioè di un Dio Padre fonte di tutto che ama e genera eternamente il Figlio, un Figlio eternamente generato e amato che a sua volta ama totalmente ed eternamente il Padre, un amore così denso tra i due che continuamente si muove tra loro e che diviene lo Spirito Santo di Dio.

Questi tre, unico Dio, non si bastano a se stessi e desiderano inserire l'umanità intera per l'eternità in questa dinamica d'amore.

La vita terrena di Gesù è il modo in cui noi esseri umani possiamo entrare in questa dinamica d'amore che proseguirà fino alla fine della nostra vita per l'eternità.

Imitiamo Gesù Cristo nella nostra quotidianità.

Imitarlo non vuol dire essere buonisti e non vuol dire neanche illuderci di essere Santi secondo le categorie umane!

Noi non siamo né impeccabili né infallibili, ma possiamo provare a vivere attraverso sguardi gentili gli uni verso gli altri, parole d'amore, gesti gentili, aiuto reciproco concreto, onestà anche rispetto alle istituzioni (ad esempio pagando le tasse), accoglienza di tutti e soprattutto di coloro che sono più lontani dalle nostre visuali e abitudini, ecc…

Ecco perché festeggiamo la Trinità, ecco perché noi celebriamo ogni rito e ogni momento importante della nostra vita nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

 
 
 

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