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Terza domenica del tempo ordinario - Anno B

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 20 gen 2024
  • Tempo di lettura: 3 min

Le letture di questa domenica ci raccontano storie di persone che sono state capaci di rispondere prontamente alla chiamata di Dio.

Nella prima lettura abbiamo sentito che Giona viene mandato a predicare a Ninive. 

Ninive è una città pagana, molto grande, che vive una certa decadenza morale non troppo diversa dalla nostra società.

Se noi leggiamo l'intero libro del profeta Giona scopriamo che il profeta è un esempio negativo mentre la città di Ninive è un esempio positivo.

Giona viene mandata da Dio a predicare alla grande città peccatrice e lui tenta prima di fuggire, poi si offende perché Dio perdona largamente i cittadini di Ninive i quali invece rispondono prontamente alla voce del Profeta.

Leggendo questa lettura è saltato chiaramente ai miei occhi come di fatto non siamo, come cristiani, troppo differenti da Ninive.

Una delle grandi spaccature della chiesa di oggi è tra chi accusa il Papa, e la chiesa che lo segue, di eccessiva Misericordia.

Noi pretendiamo di amministrare la Misericordia di Dio secondo le nostre regole e secondo le nostre convinzioni, ma Dio supera le nostre regole.

Ciò che ci dà fastidio nella storia di Ninive e, in fondo, nella storia di Gesù, è che Dio perdona e accoglie proprio tutti… chi accusa il Papa e la chiesa che lo segue di lassismo o faciloneria nel perdono, deve ricordarsi che il “cattivo esempio” ce lo ha dato Dio in persona.

Nel Vangelo troviamo un'altra chiamata immeritata e inattesa: Gesù vede due coppie di fratelli e li chiama a seguirlo.

Non gli interessa se sono sposati o single, non gli interessa che stiano lavorando e non gli interessa se pregano oppure no… lui passa e chiama il loro nome.

Il Signore chiama tutti per una missione differente, ma questa missione richiede una risposta libera e personale.

Questa risposta ha come conseguenza un impegno di vita reale, azioni reali e quotidiane, che non sono il venire a messa.

La sequela a Gesù si vive fuori dalla chiesa, prescinde dai sacramenti e richiede un certo sforzo personale.

Un accenno alla lettera di Paolo è importante perché in passato, una lettura errata, ha generato delle deviazioni di vita importante.

Paolo nella lettura di oggi, in qualche modo, riesce a spiegare quello che è avvenuto nel cuore dei discepoli al momento della chiamata.

La questione centrale non è mollare tutto, ma impegnarsi nelle cose che si vive senza attaccarci l'anima.

Pietro è un uomo sposato che sicuramente ama sua moglie, ma quella relazione che è fondamentale non diventa un impedimento alla scelta di seguire Cristo. Non sappiamo come Pietro integra questa scelta all'interno del progetto matrimoniale, ma sappiamo che la scelta di seguire il Maestro era vitale e va al di là del rapporto con la moglie.

Per comprendere l'atteggiamento di Paolo potremmo parafrasare da una sua lettera quando dice “ mi son fatto tutto a tutti per conquistarne qualcuno”.

Paolo non attacca il cuore alla dottrina, al suo stile di vita, al suo modello di chiesa e tutte quelle fesserie a cui noi, spesso, attacchiamo il cuore… 

Pur di portare Gesù a più persone possibile è disposto a mandare all'aria qualunque cosa e non vincola la Misericordia di Dio alle molte regole che Paolo stesso dà alle comunità.

Un ultimo passaggio che voglio evidenziare, proprio sulla libertà e sulla volontà di chi ascolta una chiamata, riguarda il dire il “Sì” con le parole e con la vita.

Dobbiamo calare nella nostra vita questa dimensione della fede.

Dio chiama… chiama anche te!

Allora ti devi domandare: 

  1. Come mi sta chiamando e attraverso quale persona o situazione?

  2. Cosa mi sta chiedendo?

  3. Come posso rispondere a questa chiamata attraverso le decisioni e le azioni della mia vita?

La chiamata di Gesù è sempre aperta, libera e liberante. 

La chiamata è anche impegnativa, richiede un certo sforzo personale e non ci evita la complessità della vita.

Rispondere a queste domande implica provare a fare silenzio dentro di noi e provare ad affrontare la dinamica della fede come qualcosa di concreto e di vivo, di reale ed impegnativo, si tratta di affrontare queste domande nella dinamica dell'amore e dell'incontro con una persona che è Dio.

Per rispondere a questa domanda bisogna mettere in discussione anche le modalità di dialogo di Dio con noi che non si riducono semplicemente alla Sacra scrittura, ai sacramenti, alla dottrina della chiesa, ecc… Ma che spesso passa attraverso gli incontri personali, le relazioni concrete, i luoghi di lavoro, gli spazi personali e i cambiamenti sociali… anche i più disagevoli.

Dio chiama anche te, anche a me, singolarmente e come comunità.

Vogliamo giocarci la vita oppure fingiamo di essere discepoli semplicemente perché veniamo in chiesa?

 
 
 

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