VI DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA - Anno A
- Gabriele Semeraro
- 13 mag 2023
- Tempo di lettura: 5 min

Con letture di questa domenica iniziamo ad essere introdotti nel contesto dello Spirito Santo. Il Natale ci ha rivelato il mistero di Dio che, nella persona del Figlio, si incarna. Il tempo ordinario e di quaresima ci manifesta l'azione dell'Uomo-Dio Gesù che rivela il volto del Padre attraverso il suo agire, il suo predicare e il suo farsi uccidere per noi. Ora Gesù ci rivela lo Spirito Santo come il nuovo compagno di viaggio che non solo farà in modo che Gesù continui a camminare con noi, ma lui stesso lo Spirito ci permetterà di camminare.
Con l'ascensione al cielo di Gesù inizierà l'era dello Spirito a pieno titolo, ma ora il Signore comincia ad anticiparcelo.
Non basta essere battezzati per dire di avere in automatico lo Spirito, ma esso va accolto con consapevolezza. Potremmo dire che la prassi sacramentale è strutturata proprio su questo modello. Nel battesimo siamo battezzati nel nome di Gesù e riceviamo già il Sacro Crisma dello Spirito, ma dobbiamo aspettare di essere più grandi per confermare la nostra scelta verso il Signore… la cresima è questo!
Però ricevere la cresima non significa sempre ricevere lo Spirito, o meglio non significa che egli possa agire in automatico. Chi riceve lo Spirito Santo riceve la capacità di vivere secondo lo stile di Cristo.
Vorrei che rileggessimo con attenzione la seconda lettura perché in fondo ci dice qualcosa di importante rispetto a questo stile.
"Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo".
Rileggiamo con attenzione queste parole perché quando ci viene detto che dobbiamo rendere ragione della nostra speranza ci viene anche detto che deve essere fatto "con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza".
Rendere ragione della propria fede lo si fa nel momento in cui viene richiesto.
Alcuni di noi, sia tra clero sia tra i laici, sono particolarmente zelanti non a rendere ragione della loro fede, ma a correggere gli altri nella loro fede. Alcuni di noi sono così zelanti da essere aggressivi, giudicanti, pronti a riempirsi la bocca di qualunque legge ecclesiale o citazione della scrittura pur di giustificare la propria violenza spirituale, le proprie frustrazioni e giustificare se stessi. Questo non è cristiano! Di più, questo non è secondo lo Spirito Santo!
Dobbiamo essere attenti a rendere ragione della nostra fede quando ci viene chiesto, ma non a tormentare gli altri sulla nostra idea di fede che spesso nasconde dinamiche psicologiche e ferite.
La retta coscienza è una cosa difficile da ottenere e anche nella condizione di Santità migliore non è detto che si conquisti mai in pienezza.
Allora per quanto sia importante la correzione fraterna, che ricordo non si fa con chiunque bensì tra pari, cioè tra persone che hanno certo livello spirituale e che condividono gli stessi valori, è più importante vivere dando un buon esempio più che correggere gli altri a tutti i costi. La vita secondo lo Spirito Santo è questo.
Gesù tornando in cielo non ci lascia orfani, ma possiamo riconoscerlo e vederlo qui sulla terra proprio perché abbiamo ricevuto lo Spirito di Dio. Non possiamo riconoscere Dio nell'Eucaristia se non abbiamo in noi lo Spirito, non possiamo riconoscere Dio nei fratelli e nelle sorelle se non abbiamo lo Spirito in noi, non possiamo riconoscere Dio anche nelle situazioni più oscure se e il suo Spirito non vive in noi.
Non è una questione di dottrina, non è una questione di santità e non è neppure una questione di fedeltà alle leggi ecclesiali… si tratta invece di ricevere e accogliere quello Spirito che ci è stato donato sin dal battesimo, accoglierlo e lasciarlo agire in noi attraverso i suoi doni, i suoi frutti e le intuizioni che susciterà in noi (consiglio di andare a vedere i sette doni dello Spirito Santo e i nove frutti dello Spirito).
Vorrei sottolineare ancora una cosa cioè che Gesù effettivamente nel Vangelo di oggi parla di comandamenti, ma dice chiaramente "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
Non dice chi accoglie i comandamenti e li osserva, ma dice "chi accoglie i miei comandamenti e li osserva".
I comandamenti di Gesù sono due: amare il prossimo e amare Dio. Ricordando che nel mondo giudaico l'amore è una cosa concreta e ha implicazioni concrete… diviene semplice intuire che la vita secondo lo Spirito è una vita fatta di azioni concrete, quotidiane e puntuali di amore.
Amare non vuol dire provare attrazione affettiva per qualcuno, ma amare secondo Cristo vuol dire che io scelgo l'altro per quello che è, che agisco con lui nel modo migliore di cui sono capace. Potremmo dire che amare è dedicare il proprio tempo al massimo delle possibilità a quella persona e di conseguenza a Dio.
Non vorrei essere né frainteso né strumentalizzato… venire in chiesa è fondamentale e pregare partecipando alla santa messa è essenziale per definirsi un buon cattolico, ma non è quello il centro.
Dio non si può amare in modo teorico, ma si ama attraverso la propria umanità e l'umanità altrui. Così ha fatto Gesù e così dobbiamo fare noi!
Ogni volta che spezziamo il pane e usciamo dalla Chiesa, ma restiamo incapaci di spezzarci gli uni per gli altri allora facciamo passare Gesù per un bugiardo e in realtà non stiamo manifestando il nostro amore per lui.
Ogni volta che diciamo le parole "Padre Nostro", Ma poi ce la prendiamo con gli altri perché sono diversi da noi… stiamo facendo passare Gesù per bugiardo e noi stiamo facendo una recita di pessimo gusto.
Ogni volta che facciamo la comunione, ma poi ci rifiutiamo di provare a fare comunione tra noi stiamo dicendo che tutto quello che noi facciamo in questa chiesa è una buffonata.
Non serve a nulla andare dalle statue di legno della Madonna ad accendere candele se poi non proviamo a vivere come Cristo e come la Madonna.
Il punto non è riuscire a essere perfetto, impeccabile, ma trovare a vivere quello stile! Provare a stare in quella linea, provare a stare nella complessità della realtà che viviamo. Provare a stare con gioia nella complessità di una società che non riconosciamo più nostra e di una chiesa che cambia con la società, ma di una fede che è reale e concreta.
Una volta si diceva che le chiacchiere stanno a zero, ma nel caso di noi cristiani è proprio così perché la vita di fede si trasmette attraverso un certo stile e non attraverso tante parole.
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