VIII GIORNATA MONDIALE DEI POVERI - Relazione caritas di Savona - 12 e 17 novembre 2024
- Gabriele Semeraro
- 12 nov 2024
- Tempo di lettura: 7 min

“La giustizia costruisce la pace. Beati i costruttori di pace”.
Dal Vangelo secondo Matteo (5, 1-12a)
Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Relazione
Ho voluto cominciare leggendo il Vangelo delle Beatitudini perché sono stato stimolato dal titolo che mi è stato proposto per questo incontro: “la giustizia costruisce la pace. Beati i costruttori di pace”.
Nel Vangelo che abbiamo appena letto insieme è evidente che compaiono entrambi questi termini cioè quello di “giustizia” e quello di “pace”. Credo allora sia importante capire che cosa voglia dire il termine "giustizia" nell'ottica del Vangelo.
Nel linguaggio comune il termine giustizia ha connotazioni ben precise e sono connotazioni frutto di una lettura giuridica della giustizia oppure di senso.
Dall'enciclopedia Treccani leggo quanto segue: “giustizia: virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge”.
Io non sono così convinto che nell'ottica della Sacra Scrittura funzioni questa definizione di giustizia.
Nel libro del profeta Isaia (Is 1,16-17) leggiamo: “lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l'oppresso, fate giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova”.
Ecco già nell'Antico Testamento troviamo un modo differente di intendere il concetto della Giustizia.
Se guardiamo poi all'esperienza di Gesù vedremo che il concetto di giustizia non ha nulla a che fare con la definizione che abbiamo dato in precedenza e neppure con la giustizia giustizialista a cui noi siamo troppo spesso legati.
Voglio farvi un esempio del Vangelo, andate a vedere il Vangelo di Giovanni al capitolo 8.
Si racconta di una donna che è stata scoperta a tradire il marito e che, probabilmente, lo tradiva spesso. Secondo la legge del tempo, quindi secondo giustizia (nel senso comune del termine), la punizione per il tradimento era l'uccisione tramite lapidazione.
Questa donna viene portata davanti a Gesù per sentire il suo giudizio. È interessante che il Signore invece di applicare la legge fa una cosa molto diversa… davanti al passato di questa donna che ha oggettivamente sbagliato, lui preferisce guardarla non attraverso la lente della colpa commessa bensì attraversi la lente di quello che lei potenzialmente potrebbe essere nella vita. C'è uno sguardo benevolente e possibilista.
Gesù mostra un volto differente della Giustizia che non è la giustizia col bilancino, non è la giustizia giustizialista che guarda alla vendetta e non è neppure quella giustizia che dà a ciascuno le conseguenze di quello che ha fatto.
La risposta di Gesù davanti all'accusa è ”Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”.
Allo stesso tempo Gesù non è ingenuo. Il maestro guarda quella donna per quello che potenzialmente potrebbe essere in futuro e la invita a un cambiamento. Le dice: ”Nessuno ti ha condannata? Neanch'io ti condanno; va e d'ora in poi non peccare più”.
Davanti all’errore invece di esercitare la giustizia secondo gli uomini, Gesù esercita la più alta forma di giustizia che è la Misericordia. Non è l'unico caso nel Vangelo, ce ne sono altri.
Vi do un altro riferimento, ma non lo svilupperò qui. Andate a leggervi il Vangelo di Luca al capitolo 7 dal versetto 36 in avanti e troverete la storia della peccatrice.
Torniamo adesso alla beatitudine che dice
“Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.
La prima parte del titolo di questo incontro è ”la giustizia costruisce la pace”.
Nell'ottica di Gesù abbiamo scoperto che la giustizia per Dio coincide con la Misericordia. Qualunque persona deve avere in sé questa consapevolezza.
Troppo spesso abbiamo attribuito a Dio una giustizia giustizialista e vendicativa.
Dobbiamo evangelizzare il volto di Dio e ricordare che la più alta forma di giustizia per lui è la Misericordia.
La parola Misericordia vuol dire abbassamento del cuore, avvicinamento del tuo cuore al cuore dell'altro. L'altro è se stesso e non posso pretendere che cambi se io non sono disposto a lasciarmi cambiare e contaminare dal suo cuore.
La beatitudine giustamente ci ricorda che chi pratica la vera giustizia, cioè la misericordia, è perseguitato dal mondo.
Essere perseguitati non è bello e non ci rende felici, ma la beatitudine, la felicità, è sapere che vivere questa forma di giustizia ci fa conquistare l'altro e l'eternità.
Però è vero che la giustizia, cioè la Misericordia, è presupposto essenziale per costruire la pace.
Voi che siete Caritas, cioè espressione della Carità della chiesa, quindi espressione della Carità personale di Cristo, non potete non essere operatori di pace.
Cosa vuol dire essere operatori di pace, cos'è la pace?
Diciamo cosa non è… la pace non è assenza di conflitto, la pace non è quietismo, la pace non è perbenismo, la pace non è assenza di tensione.
Mi viene da dire che più si è uomini e donne di pace, più i conflitti intorno a noi aumentano.
Possiamo dire che la pace spesso è l'altro nome del concetto di “umanità”.
Non c'è il tempo di rivedere tutte le Beatitudini, ma essere operatori di pace implica che si vive a pieno titolo la Misericordia, che si è miti, si è benevoli, accoglienti, ecc…
Noi guardiamo la realtà per quello che è e decidiamo di vederla per come potenzialmente può essere.
Esiste una distinzione tra il sognare e il fantasticare. Noi guardiamo la realtà per quello che è e sogniamo in grande. Il sogno implica la fatica e i tempi distesi.
Noi sappiamo che spesso il povero che abbiamo davanti ci sta fregando e, a volte, ci lasciamo volentieri fregare.
Potremmo dire che decidiamo di guardare alla realtà e all’altro allo stesso modo in cui Dio guarda a noi.
Questo sguardo di fiducia e di stima diviene portatore di una Misericordia infinita che apre alla possibilità di una pace vera e duratura perché è la base della conversione del cuore.
Gesù è l'operatore di Pace per eccellenza.
Gesù è un uomo mite, ma sempre in battaglia.
Gesù è un uomo di misericordia, ma corregge gli altri con decisione.
Gesù è un uomo che cerca le relazioni, ma intorno a lui spesso si generano conflitti e tensioni.
La società attuale vuole ridurre alla mediocrità e al silenzio il concetto di “operatori di pace” e soprattutto vuole renderlo qualcosa di estrinseco alla persona, potremmo dire qualcosa di piatto! Mi spiego…
Per molti essere operatori di pace significa quietismo e silenzio, anche quando ci sarebbe bisogno di denunciare. Per molti, dentro la chiesa e fuori, è significato partire per chissà quale missione.
Ma guardate che Gesù non è mediocre e non vuole formare persone buoniste e mediocri come discepoli.
L'operatore di pace è colui che sa costruire relazioni con gli altri nella verità, nella libertà e nella concretezza di un cambiamento reale attraverso azioni concrete… anche azioni di denuncia pubblica e di contestazione forte.
Ecco perché l'operatore di pace genera conflitto, perché dall'altra parte c'è chi non vuole il cambiamento.
Voi siete espressione di quella pace di Cristo.
Vi ricordo che Cristo entrò nel tempio e buttò all'aria con la frusta tutti i banchi dei cambiavalute pur restando uomo di pace.
Diciamocelo chiaramente… il povero che hai davanti spesso tenta di fregarti perché è sempre stato fregato da tutti. Tu sai che il povero ti sta fregando e, spesso, ti lasci fregare perché conta di più la relazione con lui e conta di più che lui capisca che tu non lo vuoi fregare.
La conversione nella fede avviene in noi per la medesima dinamica, cioè quando scopriamo che Cristo non ci vuole fregare. Spesso lo scopriamo proprio mentre noi lo stiamo fregando.
La giustizia, cioè la Misericordia, ci aiuta a cogliere l'altro nella potenzialità e questo apre ad una relazione che è un ponte verso il futuro che noi chiamiamo pace.
Nell'ottica del Vangelo che abbiamo letto gli operatori di pace sono chiamati figli di Dio perché imitano l'agire di Dio con noi.
Capite che allora non esiste un certo discorso politico dove si vuole far passare il povero per colpevole, e in noi cristiani sta roba non può risuonare. In una persona che agisce in caritas, credente o non credente, non può risuonare il fatto che il povero è colpevole perché povero.
Davanti ai porti chiusi e alle leggi razziste che stiamo vivendo in Italia, noi non siamo chiamati a trovare una soluzione politica, ma siamo chiamati a intervenire perché davanti a noi ci sono persone sofferenti e in pericolo di vita.
Ecco che essere operatori di pace comincia da casa nostra.
Questa roba qui che noi possiamo mettere sul piano della nostra azione Caritas ricordatevi che non ha senso se noi a livello personale non proviamo già a vivere questo atteggiamento del cuore, se non proviamo ad avere questo sguardo sulla vita.
Questo vuol dire che anche nella vita privata, personale e familiare, dobbiamo essere maestri di misericordia e costruttori di pace.
Ora ovviamente se qualcuno ha qualcosa da dire può farlo.
L'unica cosa che propongo è di guardare al vangelo delle beatitudini, in particolare alle due Beatitudini che abbiamo appena affrontato, e domandiamoci:
quanto queste Beatitudini stanno diventando parte del tuo stile di vita e quanto invece diventano, a volte, una finzione. Riformulo… quanto questo stile lo vivi nella vita anche privata e quanto invece rischia di essere una maschera funzionale dell'ambiente caritas?
Quanto realmente stai lavorando su te stesso/a in modo tale da lasciarti contaminare da questo sguardo di benevolenza che Dio ha verso di te?
quanto, anche senza volerlo, colpevolizzi il povero perché povero?
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