XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B
- Gabriele Semeraro
- 15 giu 2024
- Tempo di lettura: 3 min

La Parola di Dio di questa settimana ci libera da qualunque mania di protagonismo nella vita spirituale e allo stesso tempo provoca la nostra sensibilità.
Sia la prima lettura sia il Vangelo ci dicono che l'opera di Dio parte dalle cose più piccole e insignificanti.
Allo stesso tempo ci viene detto che l'opera di Dio cresce indipendentemente da noi e si espande secondo principi che non ci devono riguardare.
Cerchiamo di essere chiari… Il Regno di Dio non coincide con la chiesa, ma l'opera di Dio è una cosa più grande. La chiesa fa parte dell'opera di Dio, ma non coincide con l'opera di Dio.
Il seme ce lo mette sl seminatore che è Dio, il lavoro lo mette il seminatore che è Dio.
Noi siamo chiamati a essere terreno accogliente di quella semina che personalmente Dio fa.
Sono intimamente convinto che buona parte della crisi che stiamo vivendo come chiesa, sia crisi numerica che crisi di vita cristiana che crisi vocazionale, dipenda in gran parte del nostro essere diventati terra sterile.
Se si pretende di prendere il posto di Dio il risultato è la devastazione.
Quando diventiamo la chiesa del diritto canonico, della morale, del Family Day, delle associazioni “Pro-vita”, quando restiamo più attenzione a certe fesserie liturgiche più che alle persone fragili, ecc… Ecco che la chiesa diviene terreno sterile e si svuota.
Se è vero che tante cose dicono la nostra fede umana è anche vero che queste cose hanno sostituito spesso il Vangelo.
Essere terreno fertile vuol dire che noi, sia come singoli sia come chiesa, dobbiamo esercitarci nella pulizia del terreno della nostra vita da quei sassi che rubano spazio, aria e luce alle piante.
Il sasso del giudizio, del pregiudizio, della dottrina sbattuta in faccia agli altri come un'arma.
Dobbiamo rompere le zolle dure di quel chiacchiericcio che pone grandi difficoltà alle persone che hanno una situazione affettiva ferita o faticosa… che si tratti di persone che convivono, divorziate risposate, che vivono rapporti omo-affettivi, ecc…
Vuol dire fertilizzare la nostra vita e le nostre comunità con il concime della benevolenza, dello sguardo di stima, delle parole buone e dei gesti d'amore.
Vuol dire uscire da un certo spiritualismo sacrale disincarnato fatto spesso di parole e forme devozionali poco concrete per passare ad azioni concrete, visibili e tangibili d'amore.
Va bene se facciamo la messa per pregare nella giornata mondiale della vita, la vita poi ha bisogno di gesti concreti.
È inutile andare a messa e pregare per la vita e poi quando incontro un bisognoso neppure lo guardo in faccia. La vita è sacra sempre: anche e soprattutto quando sta morendo per strada o sta affogando in mare.
Avrei potuto fare lo stesso discorso rispetto alla preghiera per le famiglie.
Va bene pregare per la famiglia cristiana, ma poi bisogna ricordarci che nel mondo esistono altri tipi di famiglia che nascono storicamente ben prima del matrimonio cristiano e che sono altrettanto legittime.
Questo vuole seminare di vangelo anche loro e vuole rendere fertili anche loro.
Se io prego tanto, ma poi quando mi trovo una situazione differente allora reagisco con esclusione e violenza… mettendomi di fatto al posto di Dio… qualcosa non funziona.
Dobbiamo imparare a rendere concreta l'esperienza di fede altrimenti sono filosofie religiose perfettamente rigide e perfettamente inutili.
La nostra fatica è che non vogliamo vivere la fede, ma ci accontentiamo di una forma religiosa rigida e sterile. Gesù non vuole questo! Vuole che restiamo discepoli, che diventiamo terra fertile e accogliente dove il Regno di Dio nascerà e si svilupperà come vuole lui.
Esistono nella chiesa tante esperienze profetiche che ci dicono che quando il Vangelo trova Terra fertile allora accadono cose incredibili.
Penso ai movimenti laicali del nostro tempo come la Comunità di Sant'Egidio, Nuovi Orizzonti, il movimento dei focolarini, ecc… ma penso anche a esperienze più piccole e più recenti come l'esperienza, approvata dalla chiesa, della “Tenda di Gionata” che nasce come esperienza di chiesa delle persone LGBTQIA+.
Dopodiché mi viene da dire, concludendo, che dobbiamo lavorare soprattutto sulle nostre azioni concrete, quotidiane e puntuali.
La nostra forma di preghiera e il nostro modo di agire devono risuonare altrimenti la nostra fede è morta.
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