XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B
- Gabriele Semeraro
- 13 lug 2024
- Tempo di lettura: 5 min

La parola di Dio di oggi ci dice diverse cose:
Dio per far crescere il suo regno sceglie chi vuole, quando vuole e dove vuole senza tener conto neppure delle doti e dei diversi caratteri;
Questa missione è per tutti e non solo per alcuni, ma si è inviati sempre con qualcun altro.
Questo essere inviato è un Ministero a perdere. Se si vuole essere cristiani bisogna essere disposti a lavorare su se stessi, a perdere tempo con gli altri, a spendere risorse umane personali e a volte monetarie.
Ci viene anche detto che questa azione non può essere semplicemente un'azione di volontariato o di autodeterminazione, ma necessita dello Spirito Santo che dà la capacità e la forza di compiere tale ministero.
Ecco tante cose ci sono dette nelle letture di oggi e credo sia importante provare ad entrarci ricordandoci che tutti coloro che scelgono di essere cristiani ricevono la missione di portare al regno di Dio, con la loro vita, nel mondo.
La prima domanda che vi faccio è: tu hai scelto di essere cristiano? Tu hai scelto veramente?
Non si tratta di una domanda formale bensì sostanziale perché un conto è essere stato battezzato per volontà di qualcun altro e un conto è l'aver scelto di rispondere a una chiamata che ti è stata fatta in dono, ma questa scelta di fede deve essere compiuta in età adulta.
Il profeta Amos viene chiamato ad una missione precisa pur non appartenendo alla classe sacerdotale o ad una delle famigliale profetiche. Lui sceglie liberamente di aderire ad una chiamata specifica e capisce qual è il modo migliore di adempiere a quella missione.
Anche noi nel momento in cui scegliamo di rispondere alla chiamata di Cristo dobbiamo compiere la fatica di capire a quale missione si è inviati e che strumenti utilizzare, ricordando che non sono strumenti uguali per tutti.
Non si tratta semplicemente di quella che noi volgarmente chiamiamo “la vocazione specifica personale”, perché di fatto questa chiamata è data a tutti i battezzati a prescindere dalla loro situazione di vita personale.
L'assemblea, la chiesa, rappresenta proprio lo stile e il modo con cui si vuole rispondere alla chiamata di Cristo che è quella di portare la salvezza a tutti gli esseri umani.
Ne consegue che non si può essere cristiani da soli e soprattutto non ci si salva da soli.
Se io vengo a messa e non conosco nemmeno il nome delle persone che mi stanno accanto, se io vengo a messa e non saluto nessuno né quando entro né quando esco, se io dico 1000 rosari pregando solo per le mie necessità e dimenticandomi degli altri, se non sono disposto a mettermi in gioco per aiutare le persone che hanno bisogno intorno a me, ecc… sto perdendo tempo! Esser qui non serve a niente perché non siamo comunità
Gesù non ha mandato nel mondo delle palle libere solitarie e non ha mai detto “pregate tanto così vi salverete”, ma ci manda come annunciatori del regno di Dio. Come si costruisce il regno di Dio?
Minacciando chi è fuori dalla chiesa? Recitando mille rosari da soli? Venendo a messa con lo stesso stile con cui si va dalla cartomante?
No! C'è tutto uno stile di vita che deve trasformarsi, c'è tutto uno sguardo sulla vita che va evangelizzato, c'è tutto un modo di agire e pensare che va evangelizzato, c'è da cambiare il proprio modo di stare nella chiesa e di conseguenza nel mondo.
Inoltre ci sono due cose su cui dobbiamo lavorare per costruire il regno di Dio:
La gratuità
La libertà
Il Vangelo dice “ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche”.
La libertà comporta proprio questo: si è liberi quando non si è appesantiti da tante cose e questo comporta, a volte, dipendere dagli altri.
Noi abbiamo il falso mito che essere liberi vuol dire non dipendere da nessuno, ricordate la pubblicità della Gillette? Diceva “per un uomo che non deve chiedere mai”. Questa però non è libertà bensì autosufficienza e l'autosufficienza è l'anticamera della solitudine.
La libertà vuol dire non avere legami, ma di più vuol dire essere liberi di amare.
Io in questi giorni mi sono accorto di non essere libero nell'atto di preparare la roba per il trasloco. Quanta roba inutile che mi rendo conto essere un legale per me, roba da cui non riesco a liberarmi e che porto di casa in casa, di luogo un luogo. Tanta fatica per della roba inutile.
Anche nella vita passiamo da situazioni a situazioni, da relazioni a relazioni, riproponendo sempre i medesimi legami e le medesime catena.
La libertà presuppone il dare, il donarsi, senza trattenere nulla che possa legarci e imprigionarci.
Se la libertà è un atteggiamento del cuore allora la gratuità ne è lo stile.
Noi siamo abituati a dare un prezzo a tutto: alle cose a livello monetario, alle persone in base a quello che ci possono dare, alle situazioni al modo in cui possiamo sfruttarle, ecc…
Inoltre se tutto ha un valore allora tutto si può vendere si può comprare.
Ricordo, quando sono arrivato due anni fa a Finalborgo, che durante una riunione con dei genitori del catechismo si posero alcuni problemi riguardanti proprio i giorni del catechismo.
Ad alcuni andavano bene dei giorni mentre ad altri no.
C'era un papà che continuava a sottolineare che sua figlia non aveva tempo per il catechismo perché doveva diventare una grande campionessa sportiva e pretendeva di mandare la figlia a catechismo una volta al mese per 15 minuti.
Io sottolinei quanto questa cosa fosse poco seria, ma non solo dal punto di vista umano bensì anche dal punto di vista della sostanza. Se non te ne frega niente del catechismo, se non te ne frega niente della chiesa, non mandare tua figlia catechismo.
Questo papà mi guardò negli occhi e mi disse: “ma guardi che posso pagare così date i sacramenti a mia figlia”.
Capite? Che insegnamento stava dando a sua figlia, ma di più… non solo stava dando un prezzo ai sacramenti, a Gesù Cristo, ma stava dando un prezzo a quello che poteva dare a sua figlia.
La vita di una persona credente non è una vita di prostituzione… spesso la società ci ha abituato a ragionare proprio come in una trattativa di prostituzione. No, non è questo che ci ha insegnato Cristo!
La gratuità è lo stile del credente e soprattutto la gratuità a perdere.
Per conquistare il Regno di Dio bisogna essere disposti a perdere tempo nelle relazioni, a perdere risorse umane e monetarie, a perdere un po del proprio ego e delle proprie certezze.
L'unico prezzo che c’era da pagare per la nostra vita è già stato dato dalla croce di Cristo, l'unico pezzo che possiamo dare a tutto ciò che ci circonda è il dono della nostra intera vita.
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