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XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 9 lug 2022
  • Tempo di lettura: 4 min


Il Vangelo di oggi è uno dei più conosciuti e dei più commentati in molti modi diversi. Lo stesso Papa Francesco lo ha commentato in modo del tutto originale nel documento "fratelli tutti".

Lungi da me paragonarmi al Papa o ai grandi commentatori di questa pagina meravigliosa.

Mi sembra però che per capire la parabola dobbiamo necessariamente comprendere la prima parte di questo Vangelo che è la parte reale; l'incontro tra un dottore della legge e Gesù.

Non sappiamo se questo dottore della legge sia in malafede, ma la domanda che pone a Gesù è centrale nella discussione teologica del tempo. I grandi teologi stavano cercando di trovare il modo di sintetizzare le numerose leggi e i numerosi Testi Sacri che si erano accumulati lungo il tempo nella tradizione ebraica. La domanda sulla salvezza e su come ottenerla è pertanto una domanda centrale e intimamente associata alla domanda su che leggi seguire e come.

Questo dottore della legge da un'ottima sintesi dell'intera scrittura in poche righe che vale la pena di risentire "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo come te stesso".

La risposta è molto precisa. 

Come si ama Dio? 

Si parla "del cuore" che nell'ottica ebraica è la sede dell'intelligenza, "dell'anima" che è il luogo della vita spirituale, "della forza" che sono le energie fisiche e interiori. Infine si ama con "la mente" che è il luogo dell'identità della persona.

La grande intuizione è che questo modo di amare per essere autentico deve essere esercitato non solo verso Dio, ma verso i fratelli e attraverso i fratelli giungere nuovamente a Dio.

Una risposta vera, concreta e da mille risvolti se vissuta nella quotidianità.

Noi però siamo furbetti come questo dottore della legge perché arriviamo bene a comprendere cosa dobbiamo fare, ma poi con mille giustificazioni non lo facciamo e le giustificazioni ci servono per non sentirci in colpa e sentirci in fondo buoni.

Cerchiamo giustificazioni, scuse e capri espiatori pur di non assumere responsabilità e prevenire il senso di colpa.

È da questo tentativo di giustificarsi davanti al proprio limite e davanti al proprio male che nasce la parabola del buon samaritano.

Molti commentatori si sono soffermati sulle varie figure: il disgraziato che viene aggredito, il sacerdote simbolo della struttura sacra, il levita simbolo del servizio sacerdotale e il Samaritano simbolo dell'eretico, del miscredente.

Io vorrei invece soffermarmi sia sul povero sventurato che viene picchiato sia sul samaritano quanto sul locandiere.

Mi sembra che il povero sventurato possa essere immagine dei tanti sofferenti del nostro tempo, dei non credenti, dei diversamente credenti, di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Il Samaritano, l'eretico e miscredente, che amabilmente si fa prossimo allo sventurato… non siamo noi! 

Il Samaritano è immagine di Cristo!

È Cristo che si fa prossimo a chi è nel bisogno, è Cristo che attraverso altri o in prima persona agisce per il nostro bene, per il bene dei piccoli.

Certamente tra noi credenti ci sono tanti che si fanno imitatori del samaritano e diventano piccoli samaritani, ma colui che si fa prossimo è sempre solo Cristo.

Il Samaritano insegna, a chi vuole farsi suo imitatore, l'atteggiamento del cuore e delle mani. Dice il Vangelo che questo samaritano mentre è in viaggio passa accanto a questo sventurato, lo vede e ne ha compassione.

Se noi vogliamo essere come Gesù dobbiamo imparare non a guardare, ma a vedere le persone e averne profonda compassione. Avere compassione significa farsi così vicino da "patire con".

Questa compassione porta a mettersi le mani in tasca per tirare fuori l'olio e il vino che erano strumenti di disinfezione e sanificazione dei mali. L'olio e il vino costano molto al tempo di Gesù e usarli per la medicazione voleva dire privarsi di una risorsa importante.

Non basta però usare quello che si ha, ma dovendo proseguire la strada, il samaritano affida il disgraziato a qualcuno che se ne possa occupare.

"Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno".

Non solo si fa il possibile, ma si affida a qualcuno che può realmente prendersi cura del povero sventurato con la promessa che tutto quello che viene speso in più sarà risarcito.

Secondo voi chi è questo locandiere?

Il locandiere è l'immagine perfetta della Chiesa di Cristo! È la Chiesa che fino al ritorno di Cristo deve prendersi cura degli sventurati di questo mondo.

Il Samaritano, cioè il Cristo, e il locandiere, cioè la chiesa, sono la faccia della stessa medaglia. Noi credenti siamo chiamati/e a farci vicini/e come il Samaritano e come il locandiere.

Ricordiamo il perché di questa parabola? Il tentativo di giustificarsi pur di non vivere il bene che si è intuito…

Gesù dice a noi oggi: "《Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?》. Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così»".

Lo dice a noi! 

Ogni volta che chiudiamo le porte e i porti ai poveracci, ogni volta che trattiamo male i nostri fratelli e le nostre sorelle, ogni volta che possiamo fare un favore a qualcuno ma ci tiriamo indietro... facciamo come il dottore della legge che si giustifica e non fa.

Ricordiamo bene una cosa… noi potremmo venire a messa tutti i giorni, potremmo praticare mille devozioni, potremmo dire mille rosari e "non fare nulla di male"; ma ciò nonostante essere infelici e dannati per l'eternità. 

Invidio chi in confessione o nei colloqui mi dice "padre io sono onesto/a e non faccio nulla di male!"

Bravo! Brava! 

Ma il bene lo fai? Quando capita l'occasione di renderti utile, di essere gentile, tu lo fai? Sei una persona che agisce come il Samaritano e il locandiere oppure ti riempi la bocca come il sacerdote e il levita della parabola?

La fede senza le opere è morta e non salva!

La fede pura che non fa nulla di male, ma non fa neppure il bene è diabolica e ci condanna.

 
 
 

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