top of page

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 4 set 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Perché l'evangelista Marco ci racconta questo miracolo così particolare?

Consideriamo il contesto... il miracolo avviene nella Decàpoli cioè un territorio esplicitamente pagano.

Che miracolo avviene?

Avviene la guarigione di un sordomuto cioè di una persona completamente distaccata dal mondo a causa della sua disabilità.

Il pagano nella mentalità ebraica è uno che è incapace di sentire e di vedere la presenza di Dio.

In qualche modo sia il territorio che il sordomuto sono la rappresentazione di colui che è completamente staccato dal mondo, che vive in se stesso, e oggi ci viene raccontato un miracolo che sembra riportare alla vita l'uomo, perché quell'uomo viveva, ma era come se fosse isolato dalla sua esistenza, mentre Gesù lo riporta con forza al centro della vita.

Possiamo dire che il Vangelo si ricollega alla prima lettura del profeta Isaia dove il profeta ci parla di coraggio, il coraggio di non temere nulla, anche se si è lontani da Dio e si sta vivendo l'esperienza del peccato.

Non c'è nessuno così lontano da Dio da essere irraggiungibile. C'è una sovrabbondanza di Dio che può raggiungere tutti e questo genera in noi fiducia. Dio è così sovrabbondante da poter dare vita e salvezza anche a chi fosse in uno stato grave di peccato, ma nel frattempo desiderasse redimersi.

Questo Vangelo è stato spesso inteso in relazione al battesimo, di ebrei o di pagani, che passavano alla fede. Il motivo di tale collegamento e che con il gesto di Gesù su quest'uomo c'è una sorta di ri-creazione dell'umanità, si è visto un collegamento forte con l'immagine della creazione nel libro della Genesi dove l'uomo prende vita dallo Spirito di Dio.

Similmente noi possiamo intendere questo vangelo in relazione con il sacramento della riconciliazione dove, per mezzo dello Spirito Santo, non solo siamo liberati dai peccati ma diventiamo nuovamente capaci di ascoltare la voce del Signore, proclamare la sua parola e vivere l'amore.

Prima di concludere bisogna però porre una certa attenzione alla lettera di San Giacomo Apostolo che abbiamo ascoltato.

Essere persone capaci di ascoltare e proclamare la parola non basta se non ci sono azioni concrete che seguono.

L'esempio fatto da Giacomo è emblematico soprattutto nelle comunità antiche, ma ancor di più per noi.

Troppo spesso, anche nelle nostre piccole comunità apparentemente morenti, si dà troppa importanza a chi ha un titolo, ecclesiastico o civile, a scapito dei poveri.

Si è pronti a giudicare chi non è vestito in un certo modo, chi non si attiene all'etichetta e a chi non detiene soldi e potere.

"Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?"

San Giacomo è duro, ma assolutamente realista!

Non è così insolito anche nelle nostre comunità vedere certi atteggiamenti dove i poveri e i matti, siccome danno fastidio, vengono ridotti al silenzio o accompagnati fuori. Invece di essere la chiesa un ospedale da campo aperto a tutti diviene il luogo del giudizio, dell'apparenza, del pregiudizio e dell'esclusione.

Eppure Cristo è venuto per chi è escluso! Soprattutto per chi è escluso!!!

Recentemente parlando con una persona di alcuni giovani mi è stato detto "lascia perdere, sono persone ormai perdute!"

Come si può lasciare perdere chi è perduto? Gesù non è forse venuto per le pecore perdute della casa d'Israele?

"Ascoltate, fratelli miei carissimi: - dice San Giacomo - Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?"

I nostri comportamenti devono essere consequenziali alla parola che ascoltiamo.

Non esiste privilegio per noi se non quello di essere figli e figlie di Dio, ma se siamo figli e figlie, il vicino e la vicina sono miei fratelli e sorelle.

L'esperienza umana ci dice che la fratellanza e la sorellanza sono esperienze potenzialmente positive, ma sappiamo anche che possono essere esperienze dolorose e negative.

Allora forse dobbiamo puntare tutto sulla amicizia con Dio e di conseguenza sulla sua presenza all'interno anche dei fratelli e delle sorelle più antipatici e inamabili.

Una persona saggia un giorno mi disse: "Sai perché i cristiani non amano la violenza e la vendetta? Non perché siamo tutti fratelli e sorelle, non perché siamo tutti più buoni degli altri e neppure per timore della punizione o dell'inferno.

Il Cristiano non ama la violenza e la vendetta perché Cristo gli ha mostrato una via migliore per abbattere l'altrui durezza. La violenza più forte e la vendetta migliore sono l'amore di Dio che riportano tutti alla medesima dignità di eredi, cioè di figli e figlie".





Padre buono,

donami un cuore docile e attento, un cuore che non desideri ricchezza, potere e gloria.

Ti chiedo piuttosto un cuore docile nell'ascolto.

La mia lingua sia capace di parole nuove, di saggezza, di un linguaggio pacifico. Ciò che ascolto dalla tua Parola diventi in me un atteggiamento del cuore, dello sguardo e dell'azione.

Liberami dalla fretta di avere sempre una risposta e aiutami a stare nel silenzio dell'ascolto.

Donami un cuore docile, un cuore che ascolta, un cuore che ama e soprattutto che vive.

Amen

 
 
 

コメント


  • Facebook personale
  • Gruppo Facebook
  • Instagram profilo personale
  • Pinterest
  • Instagram Icona sociale
  • YouTube Icona sociale
  • Tumblr Social Icon
  • Twitter Clean
bottom of page