XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B
- Gabriele Semeraro
- 19 ott 2024
- Tempo di lettura: 5 min

La parola di Dio di oggi mette a tema una cosa molto difficile per noi da accettare è che il tema del dolore, del sacrificio e della morte.
Prima del Concilio Vaticano II tutta la predicazione Cattolica era un po' basata sul dolore, sul sacrificio e sulla paura dimenticando tutto il tema della gioia, della soddisfazione, dell'autodeterminazione e della grazia.
Potremmo dire che a causa di uno scorretto modo di intendere il tema della sofferenza si è passati a una predicazione che esclude tutte quelle tematiche negative affini alla nostra fede Cattolica.
Si è passati da esasperare il tema del dolore e della paura a esasperare il tema della felicità e della realizzazione.
La prima lettura ci mostra uno dei testi di Isaia riguardanti il cosiddetto servo sofferente di Adonai.
Il servo sofferente è la figura di un profeta di cui si è persa parzialmente la memoria che vive delle vicende molto simili a quelle di Gesù, ma le vive molto tempo prima rispetto alla storia narrata dai Vangeli.
Isaia, o meglio i suoi discepoli, riflettono sulla storia di questo profeta martirizzato e le tirano fuori una riflessione teologica in cui risulta evidente come ci sia un senso all'esperienza del dolore e della morte… di più, come ci sia un valore nell’esperienze di dolore… di più, di come il dolore e la morte non siano l'ultima parola sulla vita.
Noi abbiamo letto solo un frammento di questi testi, ma se vi capita leggeteli tutti per intero perché sono di una profondità incredibile.
Il non capire e non riconoscere l'importanza del dolore e della fatica a livello antropologico ha conseguenze terribili, conseguenza che noi possiamo tranquillamente vedere sulla mia generazione e su quelle successive.
L'incapacità di trovare un senso alla fatica, l'incapacità di sviluppare resilienza nelle situazioni più complicate e l'incapacità di trovare un senso, o meglio un fondamento, a ogni esperienza della vita.
Agli apostoli e a noi piacciono le scorciatoie.
Giacomo e Giovanni non hanno capito nulla del percorso salvifico di Gesù che non è semplicemente un percorso spirituale bensì profondamente antropologico.
Gesù vuole passare per ogni esperienza umana, che sia di dolore o che sia di gioia, vuole attraversarla da uomo perché è l'unico modo per redimere l'intera esperienza umana.
Ciò che non viene assunto dalla natura umana della persona divina di Gesù non può essere redento.
Giacomo e Giovanni intendono l'azione di Gesù come un'azione politica, sono convinti che lui prenderà il potere politico e risolverà i problemi politici di Israele.
Non hanno capito niente.
Guardate che questo discorso ce lo dobbiamo fare chiaramente anche noi perché abbiamo diversi movimenti, che a volte impazziscono nella chiesa, che annunciano il ritorno di Cristo come una risoluzione definitiva dei problemi del nostro tempo.
Il giorno del mio ingresso in parrocchia vi ho detto una frase che guiderà gran parte del mio ministero in questa parrocchia, ma credo che sia fondamentale per ogni cristiano ed è la frase di Don Tonino Bello ai giovani.
Dice don Tonino “I miei problemi il Signore non me li risolve, li devo risolvere io. Però mi dà il senso, l'orientamento. Dà senso al mio tormento, alle mie lacrime, al mio pianto, ma anche alla mia gioia, al mio andare avanti, al mio dare aiuto. Dà senso”.
Il Signore non verrà per magia a togliere il male dal mondo, non basteranno le nostre preghiere per la pace a portare pace. Bisogna pregare e bisogna agire, bisogna agire e bisogna pregare. Non possiamo togliere uno dei due pezzi: devono restare insieme.
I discepoli come noi non capiscono quello che Gesù sta dicendo e sta mostrando con la sua vita.
Essere discepoli Gesù implica che siamo pronti a passare per il suo sentiero, che non è un sentiero semplice.
“Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”
Essere discepoli vuol dire che a tutti spetta la croce, a tutti spetta il dolore, a tutti spetta la morte e la sofferenza.
Certo ci spetta di diritto anche la gioia, le relazioni e soprattutto la resurrezione.
L'aspetto però del dolore e della morte sono obbligatori per i cristiani…
In realtà sono un aspetto obbligatorio per tutti gli esseri umani mortali, ma per noi cristiani trovano un senso logico oltre che spirituale.
Ecco perché se noi sappiamo tenere gli occhi aperti possiamo scorgere un senso alle fatiche della nostra storia.
Una cosa che ogni tanto mi sentirete dire è questa: “fino al giorno dell'ordinazione sacerdotale ho dovuto soffrire tanto, ma i primi tre anni dall'ordinazione sacerdotale sono stati i peggiori della mia vita… non gli augurerei al peggiore dei miei nemici”.
Eppure allo stesso tempo i cinque anni che hanno preceduto il mio arrivo qui hanno un'importanza cruciale perché mi hanno insegnato due cose: i primi tre anni mi hanno insegnato che prete e che cristiano non voglio essere, gli ultimi due mi hanno insegnato cosa Gesù mi chiede e quanta bellezza ci può essere nella mia vita.
Gesù non ci farà mancare il suo calice, sia in senso positivo che in senso negativo, ma dà un senso chiaro a tutto ciò che abita la nostra esistenza.
“Il calice che io bevo, anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”.
Come ormai da tre settimane ci ricorda il Vangelo, la nostra strada è la strada della semplicità.
“Chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Servire è veramente regnare! Come vedete il desiderio cattivo di potere dei discepoli viene ribaltato dalla logica di Gesù che è una logica che pone al centro il vero potere che è essere servi.
Come dirà Gesù in un altro Vangelo il massimo della vita credente è essere servi inutili: si è fatto quello che si doveva fare.
Attenzione allora non cadere nella falsa illusione che essere cristiani significa godere di qualche privilegio, che essere cristiani voglia di dire che non ci capiti mai nulla di male o sciocchezze di questo tipo.
La strada di un cristiano è esattamente identica a quella di un ateo, ha esattamente le stesse fatiche e gli stessi dolori. Dio non punisce i peccatori mandando delle sfighe e dei dolori, come non premia i giusti dando loro salute e pace.
Come prima cosa più importante lui dà senso, orientamento e istruzioni per camminare attraverso il bene e il male chi abitano il nostro cuore e che abitano il mondo.
Scout
Concludo quindi dicendo che la via tracciata per noi scout da BP è esattamente la via del Vangelo: ci viene insegnato il servizio come stile di vita di uno scout che si voglia definirsi tale, ci viene insegnato a vivere la nostra realtà, ci viene insegnato a interagire a livello politico con la società, ci viene insegnato il rispetto dell'ambiente e soprattutto ci viene insegnata la resilienza attraverso il fare strada.
Lo scout canta e cammina anche nelle difficoltà, questo vuol dire che la gioia e il camminare insieme al servizio sono il cuore di uno scout che si voglia definire tale.
Chi apre la strada è Gesù e ricordiamoci che Gesù va sempre al passo dei più lenti... Quindi anche noi cerchiamo di andare al passo dei più lenti della nostra comunità scout della nostra comunità parrocchiale.
Buon anno scout e buona strada a tutti quanti.
Comments