XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
- Gabriele Semeraro
- 24 set 2022
- Tempo di lettura: 3 min

Troppo spesso abbiamo commentato queste letture ponendo l'accento, in modo esasperato, sulla realtà della ricchezza quasi che in se stessa sia una cosa cattiva.
Eppure se leggiamo con calma le letture ci rendiamo conto che il problema non è la ricchezza, ma come l'essere umano guarda alla vita, agli altri e che uso fa delle sue risorse.
Dobbiamo guardare all'esito della prima lettura e del Vangelo per cogliere veramente che cosa Dio voglia mostrarci.
Dice il profeta Amos "Canterellano al suono dell’arpa, come Davide improvvisano su strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti più raffinati, ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano".
Il problema non è che queste persone sono ricche, ma che non si preoccupano di coloro che stanno nel dolore, della stirpe di Giuseppe che è in rovina.
Questo è un rimprovero che vale per ciascuno di noi, un rimprovero che il Signore ci fa continuamente ogni qualvolta che non muoviamo un dito per i fratelli e le sorelle in difficoltà, ma anzi fomentiamo logica mafiose, corrotte, misogine, omofobe, escludenti e razziste.
Seppur in modo diverso anche la parabola del povero Lazzaro è orientata esattamente in questo senso. Per quanto poveri possiamo essere economicamente rischiamo di essere noi in prima persona il ricco epulone.
Dobbiamo essere consapevoli che non esiste nessuno così povero da non poter donare un po' di tempo e un po' di ascolto agli altri, non esiste nessun povero che non possa aiutare in qualche modo i fratelli e le sorelle anche solo con un gesto concreto di gentilezza e accoglienza.
Certamente la gravità del mancato aiuto è proporzionale alle proprie possibilità umane, affettive, economiche, spirituali e relazionali.
Chi ha una ricchezza e non la mette a disposizione, qualunque essa sia, si trova nella condizione del ricco epulone cioè di una persona apparentemente ricca ma totalmente sterile.
Davanti alla propria coscienza e al Signore ci assumeremo, volenti o nolenti, la nostra responsabilità e ne pagheremo le conseguenze.
Attenzione perché non è una punizione, ma come ogni persona adulta, qualuque azione si compia, se ne porta conseguenze e responsabilità… è nella natura delle cose.
Questa cosa è così vera che né noi né il Signore possiamo assumerci la responsabilità degli altri e delle loro azioni.
Dice Gesù nella parabola 《E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”》.
Noi abbiamo tutti gli strumenti per raggiungere la salvezza: la Sacra Scrittura, la Chiesa, i Sacramenti e poi i continui doni di Dio che fa alla nostra vita.
Pur restando vero che ognuno ha il proprio percorso e che si possa giungere alla salvezza ugualmente al di fuori della chiesa, per Misericordia di Dio, resta pur vero che ciascuno è responsabile per sé stesso.
Gli strumenti ci sono: a noi utilizzarli, a noi tendere alla grandezza, a noi fidarci.
La lettura di oggi rompe la dinamica del nostro vivere cristiano fin troppo imborghesito e che ha trasformato la nostra vita riducendolo a compartimenti stagni che non comunicano tra di loro.
La vita cristiana riguarda la dimensione personale, familiare, ecclesiale, sociale, politica, sessuale, amicale, della beneficenza, della scuola, della tassazione, e chi più ne ha più ne metta…
I cristiani da panca, da rosario, da devozioni e da messa non esistono se manca la dimensione della vita. Così come non esiste un cristiano che fa tante opere buone, ma che non abbia un legame con la liturgia, la preghiera e la comunità.
In entrambi i casi non si è per niente cristiani
L'aspetto interessante è che in tutti questi aspetti della vita noi possiamo vivere una dimensione cristiana di servizio, di relazione e di aiuto.
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