XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A
- Gabriele Semeraro
- 14 ott 2023
- Tempo di lettura: 4 min

La Parola di Dio di oggi ha diversi spunti di riflessione che non possiamo negare e che non dobbiamo trascurare.
Troviamo il tema dell'apertura al mondo: Dio si è scelto un popolo perché fosse suo sacerdote e sacerdote per il mondo cioè per condurre il mondo a Dio. Siccome il popolo eletto fallisce allora Dio stesso elegge dai popoli chi vuole lui.
Troviamo che la sala del banchetto, immagine della chiesa, è aperta a tutti. Dal testo risulta chiaro che l'abito bianco ce l'hanno sia buoni che cattivi, non è un tratto distintivo di purezza, ma di appartenenza a Gesù. Sia chi ha l'abito bianco sia chi non ce l'ha riesce ad entrare, ma l'esito finale dipenderà dal Signore stesso che terrà nella sala del regno eterno solo coloro che hanno un abito bianco.
Troviamo infine che la via del discepolato è una via stretta, impegnativa ed esigente. Una via in realtà semplice come ci fa notare Paolo nella seconda lettura, ma proprio perché semplice è stretta, impegnativa ed esigente.
Già solo da questa pennellata che vi ho dato si capisce come non si possa banalizzare la parola di Dio di oggi alla luce di una dinamica di rigidità e intransigenza religiosa, ma che ci viene detto qualcosa di più e di diverso.
L'accusa che viene fatta da Gesù non è per tutti, ma principalmente agli scribi e ai farisei.
Gli scribi e i farisei non sono immagine della gerarchia ecclesiale perché quelli sono i dottori della legge e i sacerdoti, ma di tutti coloro che presumono di sapere e presumono di salvarsi.
Dentro questa categoria rientriamo tutti: laici e religiosi, sacerdoti e vescovi.
Con buona pace dei puristi dobbiamo avere chiaro che la chiesa dovrebbe essere realmente uno spazio per tutti. Non è la gerarchia, non è la dottrina, non è la morale e neppure la chiesa stessa a poter decidere chi può entrare in essa e chi no. La sala del regno è piena di gente buona e cattiva, ma hanno tutti l'abito.
Gesù chiama tutti così come li trova: buoni, cattivi, maschi, femmine, single, sposati, divorziati, laici, consacrati, preti e suore, di qualunque orientamento affettivo e sessuale, ecc… se nella chiamata si diventa discepoli e discepole allora si ha tutti lo stesso abito e si ha tutti diritto ad avere la cittadinanza nella chiesa, nella sala del banchetto eterno.
Chi non ha l'abito sono gli scribi e i farisei cioè coloro che pretendono di conoscere la scrittura e di conoscere la volontà di Dio, ma non toccano mai con mano l'umanità propria e degli altri che è rappresentata dalla veste bianca.
I nuovi scribi e darisei di oggi sono quelli che con la scusa della morale e della dottrina attaccano il Santo Padre augurandogli magari la morte, sono coloro che con la scusa della purità religiosa vanno in piazza a manifestare contro gli altri e non si mettono mai in gioco a favore degli altri, sono coloro che dall'alto della loro presunta certezza religiosa e di salvezza si permettono di venire qui alla mensa del Signore, ma poi si permettono di disprezzare i poveracci per strada.
Coloro che non hanno la veste bianca riempiono la chiesa e il mondo sfruttando il linguaggio religioso per propagare le proprie schifezze fatte di intransigenza, di razzismo, di violenza e di sopruso.
Di cristiani così ne abbiamo sempre troppi e speriamo di non essere noi quelli senza veste bianca.
Vorrei far notare il linguaggio di Gesù che definisce colui che è senza veste con il termine "amico". Gesù vuole che anche costui abbia la veste bianca, ma è lui che la rifiuta e quindi questa persona deve portare il peso delle proprie scelte e le conseguenze delle proprie azioni. Non c'è Misericordia per chi non vuole Misericordia e non è disposto alla conversione cioè al cambiamento di vita.
Il Signore è sceso a chiamarci per cambiare questo mondo, ha scelto ciascuno di noi come suoi sacerdoti e profeti per il mondo di oggi.
Noi possiamo scegliere se aderire a questa chiamata, possiamo scegliere se indossare la veste bianca del discepolato e possiamo scegliere se fare festa nella sala del regno con il nostro re.
Non esistono scorciatoie perché la via del discepolato è una via impegnativa che non si riduce ad una forma religiosa, ma va all'essenza del nostro cuore.
Voglio concludere ribadendo questo passaggio perché è fondamentale: attenzione a non essere noi gli scribi e i farisei!
Dio chiama tutti nella sala così come li trova, permette di mettere la veste bianca del discepolato a tutti a prescindere dalla morale, dalla dottrina e dalle forme religiose.
La via della semplicità, la resilienza e la plasticità sono lo stile di chi, come Paolo, ha scelto di intraprendere questo cammino.
In un tempo in cui laici, preti e vescovi si sentono in diritto di mettere in discussione la concretezza del Vangelo e la concretezza di Gesù, questo vangelo e l'attuale pontefice ci ricordano tutto ciò che è realmente importante.
Il resto sono chiacchiere da bigotti, da faccendieri della religione, gente che si intrufola nella sala del regno travestita da agnello, ma che dentro è lupo rapace… Gesù riconosce i lupi perché non hanno l'abito bianco.
Chiediamo la conversione del nostro cuore, ma ancor di più della nostra vita per essere ogni giorno testimoni, sacerdoti e profeti di un Dio che vuole salvare tutti, ma proprio tutti…
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