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XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 12 ott 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Questa settimana siamo condotti sulla via della radicalità e di una vita che sia autenticamente di discepolato.

Come essere umani siamo desiderosi di radicalità e, soprattutto quando si è molto giovani, si tende a vedere tutto bianco o nero. Di fondo, anche in età adulta, resta nella nostra anima questo desiderio di totalità e fatichiamo a vedere le sfumature.

La prima lettura ci mostra, attraverso il libro della Sapienza, che questo desiderio è un desiderio legittimo e che però va educato. La vera Sapienza risulta da preferire rispetto a qualunque altra forma di ricchezza perché dona pienezza, consapevolezza e felicità.

Il desiderio di radicalità può avere diverse evoluzioni: alcune positive e altre negative. 

Come dicevamo domenica scorsa essere esigenti nella vita cristiana non è essere intransigenti.

Gesù si trova davanti una persona buona che vuole di più per la propria vita spirituale. 

“Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”

C'è un desiderio di vita buona maggiore, ma in fondo questa persona si crede sufficientemente a posto.

La dinamica virtuosa di vita di quest'uomo nasconde in realtà tanta superbia e superficialità. 

Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”

Il rispetto delle regole religiose è la base per una buona vita, ma non basta per essere discepoli/le di Gesù. 

Spesso ci lamentiamo della chiesa e delle persone in parrocchia, ma noi cosa facciamo di diverso?

Siamo piedi di sdegno, ma non muoviamo un dito per cambiare le cose.

Certamente siamo persone buone “che non fanno nulla di male”, ma il bene lo facciamo? 

Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!»

Per poter vivere al massimo la vita cristiana bisogna vendere ciò che si possiede e darlo ai poveri.

Vuol dire diventare indigenti? No! 

Vuol dire mettere a disposizione il proprio tempo, risorse e capacità a favore di chi ne ha bisogno… vuol dire avere il cuore libero.

Se tu non dai nulla del tuo tempo alla comunità cristiana o civile, come puoi essere libero?

Il mio tempo, le mie cose, i miei parente, le mie ferie, ecc… tutto ci appartiene troppo.

Quanto io! E Dio dov'è? E gli altri?

Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio.

Chi non serve non serve! Potremmo dire anche che chi non è a servizio non serve a nulla. Questa è la logica di Dio.

Vuoi lamentarti? Prima domandati cosa fai tu di concreto per cambiare le cose. Quanto ti metti in gioco nella tua vita spirituale e quanto invece balconi la vita.

Noi deridiamo troppo spesso chi fa scelte radicali e troppo spesso aspettiamo la caduta di coloro che si impegnano come scusa per noi che legittima il nostro essere “cristiani da panca”.

Quante volte io (come prete) e altri ci siamo messi a servizio del Vangelo e ci siamo sentiti dire cose terribili? Tante…

Ciascuno fa le proprie scelte e si mette a disposizione per quello che può, ma ciò che conta è il cuore, l'intenzione che mettiamo nelle nostre azioni.

È facile criticare l'operato di chi prova a fare qualcosa di buono per la propria comunità civile e parrocchiale, ma poi lo si fa sempre dal divano o dalla panca.

Quante volte ci viene da pensare “chi me lo fa fare?!? Che guadagno ne ho?”

Vedete è la stessa tentazione che vive Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”.

È la tentazione di vivere il servizio non come qualcosa di gratuito spinto dal Vangelo, ma come modo di sentirsi più buoni degli altri e magari con il desiderio di ricevere il contraccambio.

Perché uno fa volontariato alla Croce Rossa? Perché uno dedica il suo tempo alla parrocchia? Perché uno va a fare servizio in Caritas?

Se lo fai perché spinti dal Vangelo e se lo fai perché si è discepoli allora si ha consapevolezza che si  è servi inutili: si è fatto quello che si doveva fare!

Gesù però riconosce che abbiamo bisogno di risposte e stimoli concreti pertanto non lascia cadere nel vuoto questa domanda di Pietro.

In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà”.

Chiedetelo a chi, per il vangelo e per Gesù, si mette a servizio.

Sembra di perdere il proprio tempo, un pezzo della propria famiglia, delle proprie risorse e della propria vita a servizio di qualcuno però il vero miracolo è che si riceve molto di più in cambio.

Quando da ragazzo andavo in casa di riposo ad aiutare ho scoperto che non ero io ad aiutare gli anziani, ma loro che mi arricchivano con il loro amore.

Da sacerdote ho scoperto che non ho rinunciato a una famiglia, ma ho guadagnato molte cose: madri, padri, fratelli e sorelle, amici, beni e tanto altro…

Gesù è uno che promette e mantiene già nel tempo presente, ma questo serve anche come garanzia che la promessa della vita eterna è una promessa reale. 

Chi non serve non serve a nulla e non avrà nulla dalla vita se non mugugni, lamentele e tristezza.

Sta a noi scegliere che tipo di discepoli essere e scegliere se essere persone di servizio o persone che di balconano la vita.

Vuoi essere un cristiano da panca oppure un cristiano che vive?

 
 
 

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