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XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno A

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 4 nov 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

L'intera Parola di Dio di oggi è certamente rivolta a chi guida il popolo o comunque che ha un ruolo di rilievo nella società ecclesiale o civile. Che si chiami papa, cardinale, vescovo, superiore o superiora religioso/a, prete, religioso o religiosa, diacono, catechista, ecc… Oppure che sia un membro del governo, un parlamentare, una qualunque carica istituzionale politica e militare… E ancora educatori, maestri, professori, capi scout e genitori.

La parola di oggi è rivolta a tutti, ma in particolare a queste categorie.

Non sono categorie più fragili, ma più esposte: esposte a tentazione del potere, esposte alla tentazione in generale, esposte all'opinione pubblica ed esposte dal punto di vista mediatico.

Gesù è chiaro su questo passaggio e dice due cose importanti: se c'è qualcosa di buono tra quello che dicono queste figure siamo obbligati a viverlo, ma allo stesso tempo chi ricopre i ruoli di guida dovrà rispondere della malizia del proprio cuore in maniera più severa.

Attenzione perché i richiami sono non solo formali, ma sostanziali e mi permetto di dire che nella nostra chiesa di oggi dovrebbero risuonare con particolare forza in tanti sensi.

Qual è il peccato degli scribi e dei farisei che si sono seduti sulla cattedra di Mosè?

  1. Non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno.

Quante volte vediamo persone che hanno un ruolo educativo ben preciso, di governo o spirituale che dicono tante cose e non vivono quello che dicono? Quante volte ci siamo sentiti giudicati dai nostri pastori non sul Vangelo, ma sulla dottrina morale e poi i nostri pastori è saltato fuori che avevano una vita ben peggiore della nostra. Quanti sono scappati dalla Chiesa a causa del cattivo esempio di noi fedeli e pastori? Capiamoci bene spesso è una scusa il "non vado più in chiesa a causa delle persone che ci sono", ma allo stesso tempo quella frase resta una denuncia vera.

  1. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito.

Anche su questo ci sarebbe molto da dire soprattutto con quelle guide che sono sempre lì a citare comandamenti, il codice di diritto canonico e norme ecclesiastiche, ma poi davanti a una richiesta semplice dei superiori si tirano perennemente indietro se non gli mette comodo.

  1. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente.

È quello che più volte, anche nell'ultima settimana, ha ricordato il Santo Padre. La vanità ecclesiastica fatta di pizzi, merletti, drappi, paramenti sontuosi, ecc… 

Guardate che averli e usarli in se non è peccato, ma la critica di Gesù è più profonda e riguarda l'ossessione della forma sacra. L'ossessione di alcuni confratelli, ma anche di moltissimi laici rispetto a queste cose è sconvolgente e si arriva addirittura a mancare profondamente di carità quando si trova, ad esempio, un pastore che magari non cura troppo questi aspetti e viene violentemente attaccato. All'interno di questa ossessioni pseudo religiose possiamo metterci veramente tutto ciò che ci rende aggressivi rispetto a una forma più semplice.

Il problema è l'ossessione che ti porta a mancare di carità: che si tratti di vesti, di statue o di qualunque altra forma che però mostra la sua distanza dal Vangelo a causa della nostra reazione avversa.

A questo Gesù aggiunge una sorta di consiglio ai suoi discepoli cioè di non farsi chiamare: maestri, guide o padre. 

Dice Gesù《voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato》.

Non si tratta di un ordine perentorio, ma più un consiglio, potremmo dire una norma di prudenza per evitare la tentazione di sentirsi superiore.

Di nuovo ci troviamo nella condizione per cui non è un problema chiamare qualcuno padre, Monsignore, eccellenza, reverendo, curato, don, catechista o qualunque altro titolo, ma è ciò che può generare in queste persone il titolo che gli viene attribuito.

Quando uno si abitua a stare su un palco per comizi elettorali ad esempio, su un altare per la messa o altro, nei palazzi dei Vescovi o dei governanti… ma anche in un ruolo decisivo e di decisione come insegnanti, i dirigenti d'azienda, i responsabili di qualche settore laico o religioso, i membri di un club o di una confraternita, ecc…

La tentazione di tutte queste categorie è proprio quella di sentirsi superiori agli altri e dimenticare che invece siamo tutti figli dello stesso Padre e per questo tutti fratelli e sorelle tra di noi.

Gesù oggi ne ha per tutti e ci vuole scuotere con forza dal nostro torpore.

Il Signore ci ha indicato la strada, ma non camminerà al nostro posto… ora sta ciascuno di noi qui presente iniziare un cammino di cambiamento della propria vita, del proprio modo di agire, di pensare e di relazionarsi.

Nessuno È esentato da questa richiesta, a nessuno può dire davanti al vangelo di oggi che questa richiesta non sia per lui o per lei. 

Se vogliamo essere veramente grandi dobbiamo imparare l'arte del servizio.

Chi non trova un modo di rendersi utile agli altri rischia di diventare inutile… alla sera della vita saremo giudicati sull'amore concreto che abbiamo vissuto tra di noi, ma se non l'abbiamo mai vissuto saremo severamente giudicati su quello.

 
 
 

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