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XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 6 nov 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 7 nov 2021


Questo domenica ci sono proposte come figure di riferimento due vedove. Il tema del vangelo non è la vedovanza, ma la capacità di fidarsi nel concreto della propria vita del Signore.

È interessante il fatto che per parlarci della fiducia ci venga proposta la figura delle Vedove. Chi sono le vedove?

Insieme ai bambini sono le figure più fragili nella cultura ebraica antica... il sostentamento delle famiglie lo procura l'uomo, chi detiene dei diritti è l'uomo. Nella cultura ebraica antica la donna vedova è esposta a pericoli e per questo motivo la Sacra Scrittura ha sempre considerato le vedove, come i bambini e gli stranieri, categorie da tutelare ed aiutare quando possibile.

Nella prima lettura la situazione del Profeta Elia non è buona, è affamato, non ha strumenti per il sostentamento e ha bisogno dell'aiuto di qualcuno. Incontra questa vedova che vive una situazione personale drammatica... quel poco che ha sarà l'ultimo pasto per lei e suo figlio e, poi, si aspetta la morte.

Ciò che Elia chiede alla donna è un atto di fede concreta, non quella delle labbra, ma chiede di privarsi di qualcosa di essenziale.

La donna è disperata, ma sceglie di mettere a repentaglio anticipatamente la propria vita per fidarsi del Profeta.

Pensiamoci... non è facile! La prospettiva è la morte. Oltretutto questa donna non è una ebrea, ma una pagana. Eppure si fida!

La promessa verrà mantenuta, supereranno insieme la carestia e nascerà una bella amicizia tra il profeta, la vedova e il figlio.

Nel Vangelo troviamo Gesù in uno dei suoi insegnamenti in forte polemica con gli scribi. È a Gerusalemme con i suoi e sta osservando. Avete fatto caso che la critica che Gesù muove agli scribi è la stessa che viene mossa a noi gente di chiesa, a noi struttura ecclesiastica, a noi preti da chi è fuori?

Nella nostra diocesi la critica è spesso attenuata riguardo alla ricchezza della Chiesa, ma se fate un giro fuori dai nostri confini la critica è molto forte proprio verso gli uomini di chiesa che amano i pizzi e i merletti, le talari, gli ori, i broccati e tutto ciò che appare di un certo gusto kic religioso.

«Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa».

Potremmo sostituire la parola "scribi" con le parole "sacerdoti e laici"...

Queste parole di Gesù sono valide tanto per scribi quanto oggi per ciascuno di noi, ecclesiastici o membri di confraternite o laici comuni.

Il modello credente è la vedova e non chi si ricopre di tutto quell'apparato ecclesiastico che puzza di sagrestia e di muffa, tutte quelle devozioni che hanno più il sapore del magico che della fede in Cristo Risorto, tutto quello apparato che sa più di paganesimo che di fede cristiana.

La vedova spontaneamente getta nel tesoro del tempio tutto quello che ha, certa che quei soldi serviranno per qualcosa di buono e che a lei penserà Dio.

È facile fare beneficenza e aiutare gli altri quando si è nella ricchezza e si sta bene perché, come dice Gesù, si sta dando del superfluo.

«In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere»

Il punto però non è la ricchezza in sé e neppure la beneficenza.

Se tu stai bene economicamente cosa puoi dare di te che sia per te essenziale, cos'è quella cosa di cui pensi tu non possa fare assolutamente a meno? È quella che si deve donare!

Attento, attenta, perchè se non doni e non ti doni proprio con e in quella cosa così importante, sarà quella la tua catena che ti rende realmente ricco, è la catena infernale che ti lega!

Il dono che tu fai non è perché sei buono, non è per sentirti a posto, ma perché ti fidi di Dio.

Dobbiamo arrivare alla consapevolezza che tutti siamo "vedovi e vedove" dell'amore, siamo tutti mancanti.

Il Vangelo ci dice che qualunque sia la nostra condizione di povertà personale e di dolore, noi possiamo comunque donare qualcosa di importante ed essenziale. In questa logica capiamo bene che non è importante la nostra condizione oggettiva, ma quanto siamo generosi come stile di vita.

Attenzione alle finzioni e ai sotterfugi... non so se ricordate l'episodio degli atti degli apostoli di Anania e Saffira che donano per farsi vedere dalla comunità. Hanno donato certamente qualcosa di importante però con cuore doppio e cosa accadde il 2? Che muoiono davanti a Pietro. La comunità Cristiana non ha bisogno di tante cose, ma della generosità personale si. Al signore importa ciò che c'è nel cuore e che si manifesta, ma non ammette finzioni e doppie facce.

Donati tutto e Donati tutta! Mi potreste dire... Noi abbiamo casa, famiglia, lavoro, relazioni,... ecco, è lì che ti devi donare totalmente! Donati con generosità! Non trattenere, ma fai esplodere la vita!

Quando in casa mi è capitato di fare le cose a metà, mio padre mi ha sempre richiamato, e lo fa tutt'ora, con la frase "Ehi mezzo servizio... hai lo schiavo che ti fa le cose?"

Tante volte abbiamo detto che lo stile di vita del cristiano, di più l'identità, è il servizio. Non possiamo permetterci di balconare o divanare la vita, essere a mezzo servizio. La vita cristiana è radicale, o tutto o niente.

Ma alla base di tutto dobbiamo farci questa domanda: mi fido di Dio? Veramente e concretamente?




 
 
 

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