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Dall’essere del mondo all’essere nel mondo… l’avventura dell’amore nel seminarista!

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 14 mar 2015
  • Tempo di lettura: 6 min


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Se si chiede alla gente come deve essere un seminarista, ammesso che sappiano cosa sia, si avrà tutto un corollario di risposte o parzialmente vere o totalmente errate. La sensazione è che si immagini il seminarista come una persona che da una situazione di “normalità” passa in una situazione totalmente altra… dal momento che mette piede in seminario, quasi per magia, muta in modo totalmente radicale da non avere più nulla a che fare con ciò che era prima. Scrivendo queste cose sorrido! Bisognerebbe chiedere ai miei genitori se è veramente così, ma credo che la risposta sarebbe “certo che nostro figlio è cambiato, ma allo stesso tempo tutto è rimasto in lui molto uguale” e a questo seguirebbe qualche battuta ironica di mio fratello. Credo che spesso si perda di vista un dato fondamentale: Seminarista e Sacerdote non si nasce! Esiste un prima che, normalmente, è uguale a qualunque altra persona nella nostra società. Papa Francesco ha molto chiaro che è difficile cambiare mentalità e che i seminaristi sono figli di questo tempo: <<tutti voi avete voglia di dare la vita per sempre a Cristo! Voi adesso applaudite, fate festa, perché è tempo di nozze… Ma quando finisce la luna di miele, che cosa succede? Ho sentito un seminarista, un bravo seminarista, che diceva che lui voleva servire Cristo, ma per dieci anni, e poi penserà di incominciare un’altra vita… Questo è pericoloso! Ma sentite bene: tutti noi, anche noi più vecchi, anche noi, siamo sotto la pressione di questa cultura del provvisorio; e questo è pericoloso, perché uno non gioca la vita una volta per sempre. Io mi sposo fino a che dura l’amore; io mi faccio suora, ma per un “tempino…”, “un po’ di tempo”, e poi vedrò; io mi faccio seminarista per farmi prete, ma non so come finirà la storia. Questo non va con Gesù! Io non rimprovero voi, rimprovero questa cultura del provvisorio, che ci bastona tutti, perché non ci fa bene: perché una scelta definitiva oggi è molto difficile. Ai miei tempi era più facile, perché la cultura favoriva una scelta definitiva sia per la vita matrimoniale, sia per la vita consacrata o la vita sacerdotale. Ma in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio>> (Papa Francesco; ai seminaristi, ai novizi e alle novizie, 06/07/13). La grande novità e sfida per noi seminaristi nel 2014 è proprio questa: l’immaginario collettivo ha un’immagine dei seminaristi “vecchio stile”, noi invece siamo figli della nostra cultura e i formatori vogliono aiutarci in un reale cammino di formazione. Ma Gesù, oggi, nel 2015, che sacerdoti vuole? Questa è la vera domanda! Nella vita ci sono eventi ed incontri che danno il via a qualcosa: si incontra quella persona, si inizia quel lavoro, si fa quell’esperienza, ecc… ma da quell’evento scatenante si deve iniziare un cammino! Per un seminarista l’evento scatenante ha un nome che si rivela in vari momenti della sua vita: Gesù.

<<La vera gioia non viene dalle cose, dall’avere, no! Nasce dall’incontro, dalla relazione con gli altri, nasce dal sentirsi accettati, compresi, amati e dall’accettare, dal

comprendere e dall’amare; e questo non per l’interesse di un momento, ma perché l’altro, l’altra è una persona. La gioia nasce dalla gratuità di un incontro! E’ il sentirsi dire: “Tu sei importante per me”, non necessariamente a parole. Questo è bello… Ed è proprio questo che Dio ci fa capire. Nel chiamarvi Dio vi dice: “Tu sei importante per me, ti voglio bene, conto su di te”. Gesù, a ciascuno di noi, dice questo! Di là nasce la gioia! La gioia del momento in cui Gesù mi ha guardato. Capire e sentire questo è il segreto della nostra gioia. Sentirsi amati da Dio, sentire che per Lui noi siamo non numeri, ma persone; e sentire che è Lui che ci chiama. Diventare sacerdote, religioso, religiosa non è primariamente una scelta nostra. Io non mi fido di quel seminarista, di quella novizia, che dice: “Io ho scelto questa strada”. Non mi piace questo! Non va! Ma è la risposta ad una chiamata e ad una chiamata di amore>> (Papa Francesco; ai seminaristi, ai novizi e alle novizie, 06/07/13). E tutto questo avviene nella normalità della vita. La grande fatica che oggi dobbiamo (devo) compiere è proprio quella di restare “figli” del proprio tempo e cultura, ma diventando vero figlio del Padre in Gesù e quindi qualcosa di diverso da ciò che saremmo nel mondo. Allora l’ingresso in seminario non ha proprietà magiche! Se una persona comincia il proprio cammino con un carattere spigoloso, un linguaggio colorito, abitudini, modi di esprimersi, convinzioni personali, ecc… questo permane! La grande fatica sarà quella di lasciarsi riplasmare dalla Grazia, con l’aiuto dei formatori, contribuendo con la propria fatica ed evitando il pericolo dell’alienazione. Il lavoro della formazione nei seminari, la direzione spirituale e l’azione della Grazia è volto alla trasformazione di tutta l’umanità del seminarista senza eccezioni: la mente, la spiritualità, il corpo, il linguaggio, la sessualità, le relazioni interpersonali. La chiamata del seminarista è quella di farsi imitatore di Gesù Buon Pastore che è immagine del Padre. Più ci si fa imitatori di Cristo più il seminarista diverrà fecondo nella realtà in cui è posto. Sempre il Papa ci dice: <<Voi, seminaristi, suore, consacrate il vostro amore a Gesù, un amore grande; il cuore è per Gesù, e questo ci porta a fare il voto di castità, il voto di celibato. Ma il voto di castità e il voto di celibato non finisce nel momento del voto, va avanti… Una strada che matura, matura, matura verso la paternità pastorale, verso la maternità pastorale, e quando un prete non è padre della sua comunità, quando una suora non è madre di tutti quelli con i quali lavora, diventa triste. Questo è il problema. Per questo io dico a voi: la radice della tristezza nella vita pastorale sta proprio nella mancanza di paternità e maternità che viene dal vivere male questa consacrazione, che invece ci deve portare alla fecondità. Non si può pensare un prete o una suora che non siano fecondi: questo non è cattolico! Questo non è cattolico! Questa è la bellezza della consacrazione: è la gioia, la gioia…>> (Papa Francesco; ai seminaristi, ai novizi e alle novizie, 06/07/13). La paternità di Dio deve trasformare tutta la nostra umanità per renderci veri padri! Un sacerdote tempo fa mi disse: “un sacerdote che non si sente figlio e non desidera divenire padre è un pessimo sacerdote! Siamo chiamati a non esercitare la paternità fisica, ma allargarci alla paternità spirituale su tutti. Questa è la paternità di Dio Padre a cui tutte le forme di paternità aspirano”. Quanto è vero… ogni cristiano è chiamato ad evangelizzare il volto del Padre ed è chiamato ad operare per farsi imitatori di Cristo, ma il sacerdote ancora di più. <<Per essere testimoni gioiosi del Vangelo bisogna essere autentici, coerenti. E questa è un’altra parola che voglio dirvi: autenticità. Gesù bastonava tanto contro gli ipocriti: ipocriti, quelli che pensano di sotto; quelli che hanno – per dirlo chiaramente – doppia faccia. Parlare di autenticità ai giovani non costa, perché i giovani – tutti – hanno questa voglia di essere autentici, di essere coerenti. E a tutti voi fa schifo, quando trovate in noi preti che non sono autentici o suore che non sono autentiche!>> (Papa Francesco; ai seminaristi, ai novizi e alle novizie, 06/07/13). L’autenticità nella carità ci renderà veri uomini, cristiani e sacerdoti nel nostro tempo e nel nostro mondo, ma non del mondo perché apparterremo solo a Gesù. L’avventura del seminarista diviene prototipo e modello dell’avventura di qualunque giovane cristiano oggi! Lo scoprire di essere figli di un Padre così, ci incoraggia e ci riempie di stupore… e possiamo dire con gioia <<Dio di ogni amore, tu ami e cerchi ognuno di noi ancor prima che ti abbiamo amato. Così c’è un vivo stupore nello scoprire che guardi ogni essere umano con un’infinita tenerezza e una profonda compassione>> (Frère Roger, di Taizé). Auguro a me stesso, a tutti i seminaristi e a voi lettori di scoprire ogni giorno la bellezza della vostra chiamata, ci auguro di essere veri imitatori del Cristo nel nostro tempo, di scoprirci continuamente figli di un Padre così amorevole e desiderosi di divenire a nostra volta padri per altri fratelli.

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