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V DOMENICA DEL TEMPO DI PASQUA - ANNO C

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 9 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min

“Quando Giuda fu uscito dal cenacolo, Gesù disse: [...] Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.

Quel passaggio, “quando giuda fu uscito”, è fondamentale per poter comprendere fino in fondo il messaggio di Gesù.

Quando si ha il cuore indurito, quando si è nella logica dell'autoreferenzialità e della violenza, è impossibile stare davanti al testamento di Gesù. 

Il Signore ci comanda solo una cosa e cioè di amarci gli uni gli altri.

L'amare Gesù ha come conseguenza l'amore tra noi.

“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.

Quanto abbiamo frainteso queste parole!

Noi abbiamo un problema linguistico e concettuale sul tema dell'amore… confondiamo un sentimento e l'emozione con il vero amore.

Se Gesù veramente ci chiedesse di amare sentimentalmente tutti allora ci starebbe chiedendo qualcosa di impossibile, se ci chiedesse di assecondare emozioni e sentimenti allora non avrebbe compreso fino in fondo la nostra umanità.

Invece lui non ci sta chiedendo questo, ma ci sta chiedendo di amare come Dio e Dio non ama né coi sentimenti né con le emozioni punto l'amore di Dio è un atto altamente razionale!

Dio vede che siamo lontani da lui, che facciamo il male e che siamo veramente esseri cattivi Eppure sceglie di posare il suo sguardo su di noi e ci sceglie.

Potremmo definire l'amore di Dio come uno sguardo di benevolenza e di stima verso le sue creature: benevolenza e stima assolutamente gratuite e non meritate.

Un santo sacerdote che è in cielo mi diceva: Gabriele ci sono persone inamabili, che non vogliono essere amate eppure Gesù manda te ad amarle.

Come amare in modo razionale persone così? Bisogna fare come Gesù cioè avere uno sguardo di stima su quel povero Giuda provando a valorizzare il meglio di quella persona.

Un saluto, uno sguardo, una gentilezza, evitare il chiacchiericcio e la maldicenza, ma soprattutto lo sguardo di fiducia e di misericordia, uno sguardo e una possibilità a tutti.

Noi abbiamo un'immagine scorretta del collegio apostolico pensando che i dodici andassero d'accordo sempre e che non ci fossero problemi, ma non era così anzi… qualcuno tra loro ha dovuto addirittura andare in missione dall'altra parte del mondo pur di non rompere la Concordia con chi mi stava sull'anima nel collegio apostolico.

Questo modo di lavorare e di vivere genera novità di sguardi, di risorse e di vita: vedremo “un cielo nuovo e una terra nuova: il cielo e la terra di prima infatti erano scomparsi e il mare non c’era più”.

Il bello sarebbe se gli altri potessero accorgersi di questo stile evangelico pur vedendo le contraddizioni della nostra vita.

Ci penso spesso quando penso a noi sacerdoti i quali, il più delle volte, non ci sopportiamo tra noi e, sfortunatamente, si vede molto.

Questo non sarebbe un problema se si vedesse almeno lo sguardo di stima gli uni per gli altri cosa che invece solitamente non emerge.

Molti nella cristianità pensano alla vita comune come espressione di questa fraternità, ma trovo che sia una terribile tentazione che rischia di peggiorare ed esasperare gli animi.

Se non si lavora, ciascuno per se stesso e come comunità ecclesiale, proprio su questo stile di stima reciproca… l'andare e vivere insieme, che si tratti di laici, di religiosi o di preti, non sarà occasione di testimonianza bensì occasione per praticare e generare il male.

Non aspettare che siano gli altri a cambiare, ma comincia tu per primo.

Non aspettare che sia la chiesa istituzionale a cambiare, ma cambia tu come membro della chiesa.

“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri”.


 
 
 

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