III Domenica del tempo di Pasqua - Anno B
- Gabriele Semeraro
- 14 apr 2024
- Tempo di lettura: 4 min

La parola di Dio di oggi, pur non essendo semplice da attualizzare, resta forte per alcuni passaggi.
La prima e la seconda lettura ci dicono qualcosa di fondamentale:
Che Gesù si è offerto liberamente per i nostri peccati e che nonostante l'azione del male egli ha vinto la morte.
Che Gesù ha già vinto ogni forma di peccato e ha espiato ogni condanna pertanto noi non abbiamo nulla ancora da espiare.
Se partiamo da questi due contenuti presenti nella prima e nella seconda lettura notiamo già una dissonanza con tutta la forma tradizionale che c'è stata inculcata in testa nelle nostre comunità.
San Giovanni ci ha detto chiaramente “vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un Paràclito presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. È lui la vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo”
Non esiste peccato che il Signore non abbia perdonato, non esiste penitenza che noi siamo obbligati a fare per espiare perché ci ha già liberato Cristo.
Non esiste in Cristo condanna e l'unico modo per essere a lui gradito passa attraverso il rispetto della sua legge.
Dice sempre Giovanni “Da questo sappiamo di averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: «Lo conosco», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e in lui non c’è la verità. Chi invece osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente perfetto”.
A quale legge si riferisce l'apostolo? I dieci comandamenti, le norme della Antico Testamento oppure altro?
Quando l'apostolo parla di legge si riferisce solo ed esclusivamente a quelle date da Gesù che sono solo due: amare il prossimo come se stessi e amare Dio con tutto se stessi.
Nel Vangelo trovo interessante che in qualche modo emergono questi dati che abbiamo udito nelle letture.
I discepoli di Emmaus tornano al Cenacolo, al luogo della Comunità e dell'Eucaristia, per riferire la loro esperienza.
Come abbiamo già detto la settimana scorsa il Cenacolo è il luogo dove si raduna la comunità, non è in senso stretto il luogo sacro cioè la chiesa edificio bensì è il luogo dove una comunità vive, e dove di conseguenza si celebra anche il rito dello spezzare il pane.
Quando la comunità è riunita per condividere la propria esperienza e per spezzare il pane allora Gesù appare al centro.
Il racconto non è solo storico, ma anche simbolico di quello che avviene realmente in una comunità che condivide.
Mi permetto di dire che l'esperienza del Vangelo di oggi è l'esperienza di tante nostre comunità…
I discepoli di Emmaus hanno vissuto la loro esperienza, Pietro e i dodici hanno vissuto la propria, le donne hanno fatto ancora un'altra esperienza. La comunità si riunisce e condivide con gli altri l’esperienza fatta rendendo possibile la comparsa del Risorto per intero.
(Per Feglino: è l'esperienza, ad esempio, che stiamo facendo con il Comitato per il 150° della Madonna di Prà. Ciascuno ha portato alla propria esperienza umana e spirituale, ciascuno si è fatto carico di un pezzo da proporre alla comunità, ciascuno secondo la propria sensibilità ha sviluppato e ha manifestato un pezzettino del volto del Cristo… mettendo tutti i pezzi insieme, solo mettendosi in discussione tra di noi, il Cristo appare).
La presenza di Gesù è talmente pregnante per la comunità che i discepoli diventano increduli per la gioia.
Gesù decide di stare in quello stupore, ma di dimostrare la sua presenza reale attraverso azioni quotidiane, attraverso l'azione di mangiare con loro.
Sì, Gesù si siede con noi al nostro tavolo, al tavolo della vita e della quotidianità.
Gesù dà senso all'esperienza di dolore che nella passione ha dovuto attraversare da solo, ma da senso anche a quel pezzo di dolore che la passione ha generato dei discepoli.
Lui fa questo anche con noi… dà senso alle fatiche, ai dissidi, alle oscurità che ci accompagnano come comunità.
(Per Feglino: pensate alla fatica di questo anno di riunirsi come comitato con sensibilità diverse, polarità diverse e sensibilità diverse. Il Signore risorto da senso a tutto questo e ci farà scoprire che anche le nostre tensioni sono state utili per crescere nella fede, ma soprattutto nell'amore tra di noi).
Lo scopo di tutto questo qual è?
Gesù si rende presente con noi nella chiesa e vuole continuare l'opera di salvezza che deve essere finalizzata a tutti.
Tutti hanno voce e spazio nella chiesa… ciascuno ha la propria specificità, ciascuno sviluppa a modo proprio l'esperienza di fede e umana, ciascuno porta un pezzetto che mette in comune nella chiesa per il bene del mondo.
Se non si è ciechi e ottusi, se si mette da parte il proprio ego, se ci vuole veramente incontrare il Risorto come San Tommaso… Allora Gesù appare sempre al centro anche quando tendiamo ad avere le porte troppo chiuse.
Permettiamo a Gesù di emergere non semplicemente nell'esperienza personale, nel proprio devozionismo oppure nelle proprie forme di pietà bensì permettiamogli di emergere tra di noi.
Nell'era moderna abbiamo cominciato a snaturare un po' il senso di Gesù nell'eucaristia. L'eucarestia è lo stesso pane, lo stesso Gesù, spezzato dato a tutti… noi invece abbiamo creato le particole cioè ostie rotonde dalla forma auto-concludente.
La particola è la cosa meno eucaristica, dal punto di vista della forma, che possa esistere.
Questo ci ha fatto dimenticare che Cristo si fa a pezzi per noi, che si spezza per noi… e ci ha fatto dimenticare che emerge solo se noi mettiamo i nostri pezzi insieme.
Abbiamo dimenticato l'esempio dello spezzarci e del ricomporci.
Chiediamo allora Signore di aiutarci a fare esperienza di eucaristia reale: con la vita, nella vita e per il bene di tutti.
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