O tutti missionari o tutti dimissionari! Usciamo dalla retorica della missione "ad gentes".
- Gabriele Semeraro
- 26 gen 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Dobbiamo emanciparci dall'idea romantica e nostalgica che ci siamo fatti dei missionari.
Sì, avete presente? Quell'idea degli eroi che lasciano tutto per portare Vangelo e cultura occidentale alle tribù di qualche paese dal nome esotico o in qualche paese inesplorato. Quell'idea dell'evangelizzazione sempre pericolosa… dove, si dice, è pericoloso andare per la propria incolumità fisica. Avete presente?
Il Vangelo è già stato annunciato praticamente ovunque e il modello "eroico" è stato evidentemente fallimentare se guardiamo alle conseguenze storiche di una certa evangelizzazione e alle ripercussioni sulla nostra storia.
Oggi ci sono missionari che partono dell'Italia per rievangelizzare l'Africa così come ci sono missionari africani che vengono a rievangelizzare l'Italia.
Potremmo parlare di "servizio pastorale" alla Chiesa!
Così come io sono mandato in una parrocchia della mia diocesi a fare un servizio così un confratello potrebbe andare in India a prestare il proprio servizio pastorale.
Il missionario che parte e lascia tutto, oggi, non esiste più. Diciamolo francamente! Lascia tutto a casa dei genitori o in qualche magazzino con l'idea di riavere tutto al rientro...
Oggi ci sono gli aerei, i traghetti, i treni e le macchine… i telefoni, internet e i PC (dove possibile).
Un missionario oggi può tornare a casa in qualunque momento e, spesso, torna una volta l'anno per fare un mese in famiglia.
Perché scrivo queste cose? Perché dobbiamo ripensare a cosa vuol dire essere chiesa oggi, dobbiamo ripensare a cosa vuol dire "evangelizzare" oggi e dobbiamo liberarci da quella presunzione di superiorità tipica di noi occidentali e di noi cattolici italiani.
Dobbiamo liberarci anche da quelle frasi a effetto, ma che non vogliono dire niente e soprattutto non sono vere del tipo "vivere il servizio qui in Italia o in Africa/Asia/America è la stessa cosa", "lascio tutto perché in tal posto hanno più bisogno di missionari" o altre cavolate del genere.
Certamente per lasciare il proprio paese, per un po' di anni o per sempre a servizio in un'altra realtà, ci vuole una forte istanza dello Spirito Santo.
Questo però vale tanto per chi di noi parte per andare in qualche paese dal nome esotico quanto per coloro che vengono da noi dall'India, dall'Africa, dall'America, ecc…
Missionario potrebbe essere anche chi parte dalla diocesi di Savona per fare un servizio alla diocesi di Milano.
Oggi siamo tutti missionari. Laici/che, religiose/i e sacerdoti! È il battesimo che rende qualunque cristiano/a missionario/a nei propri luoghi di vita.
Trovo troppo frustrante e avvilente sminuire questa parola conformandola a un'idea arcaica, spesso decaduta e francamente insostenibile di missionarietà.
La cosa più avvilente è che spesso è lo stesso sistema ecclesiale a riproporre modelli assurdi, mitici e dannosi di evangelizzazione "ad gentes".
Racconti mitici e idealizzati vengono proposti spesso sminuito o banalizzando le realtà stesse che servono.
Le più diffuse sono le banalizzazioni sull'Africa che, nell'immaginario collettivo, è bloccata ai racconti dei missionari del '700 e '800.
Le banalizzazzioni su pigmei, vatussi, berberi e popolazioni dai nomi bizzarri sono un insulto per questi popoli che si vanno a servire e di cui non ci dobbiamo servire per la nostra retorica ecclesiale o per svuotare i portafogli degli occidentali!

La chiesa è per sua stessa natura missionaria, ma concretamente e senza retorica inutile.
Basta miti, balle strappa lacrime e facili retoriche!
La missione comincia qui perché o la Chiesa è missionaria per natura sempre e ovunque oppure è dimissionaria.
Ricordiamoci bene però che quando si parla di chiesa si sta parlando di ciascuno di noi a prescindere dallo stato di vita in cui siamo: tutti missionari e i missionari istituiti fanno un servizio per la chiesa nel mondo.
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