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XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B

  • Immagine del redattore: Gabriele Semeraro
    Gabriele Semeraro
  • 10 ago 2024
  • Tempo di lettura: 5 min

Il Vangelo di questa settimana prosegue i discorsi eucaristici delle ultime settimane.

Anche se la settimana scorsa, per ragioni pastorali, ci siamo allontanati un po' da questo tema (almeno nelle omelie reali in chiesa, non online) in realtà non ci siamo allontanati così tanto.

Nella nostra vita siamo abitati da molti tipi di fame, alcune lecite altre meno, ma il Signore vuole dare una risposta a tutte le nostre domande.

Quello che dobbiamo fare noi è fare ordine nella nostra vita interiore e nella nostra vita esteriore che non sono due realtà differenti bensì collimano nella nostra persona.

La settimana scorsa ho provato a parlarvi della mondanità spirituale che in realtà ha molto a che fare con i vangeli di queste domeniche. Proviamo a riprendere il tema della mondanità spirituale e poi capiamo come emerge con forza dall'atteggiamento dei giudei di questa domenica.

La mondanità spirituale ha tante forme: alcune più progressiste altre più conservatrici.

Quando noi parliamo delle cose spirituali ne parliamo come questioni di fede oppure come questioni di religione? Come intendiamo la nostra vita spirituale?

La religione, la religio, implica un ordine. La religione potremmo definirla in questo modo: dare a Dio quello che gli è dovuto attraverso una struttura religiosa, dei riti e delle prassi.

La religione non ti libera bensì ti vincola e, se ti vincola, ti costringe.

Non esiste libertà di scelta, non esiste il discorso della maturità personale e non esiste l'eccezione alla regola.

Se invece le cose spirituali riguardano la fede allora il discorso cambia e molto. La fede implica un rapporto con se stessi, con l'entità spirituale che noi chiamiamo Dio e la relazione con la realtà (dove sotto la parola “realtà” mettiamo la relazione con le persone, col contesto in cui viviamo, con la natura e con tutto ciò che è esteriore).

All'interno della logica di fede troviamo sempre la relazione che non costringe a nulla bensì è basata sulla libertà personale.

Non esistono allora regole universali se non quelle che ti liberano da te stesso e dalle logiche di male che ti abitano.

Quando le cose spirituali diventano cose di religione accadono situazioni terribili perché sotto un'apparenza di ordine e di inquadramento in realtà si sviluppano delle vie di fuga.

Guardate che i mali della chiesa nascono da essersi considerata una religione, legata troppo alle forme della religione e all’aver ucciso la libertà personale.

Questo è vero per i preti, per i vescovi, per il Papa e per ciascuno di noi.

La religione ti porta a dividere la tua vita in compartimenti stagni e porta a una sorta di personalità multipla interiore.

Attenzione perché incoerenze ne abbiamo tutti e tutti ne avremo sempre, ma bisogna stare attenti a non favorire certe dinamiche che ci portano a essere molto incoerenti, molto polarizzati e molto frammentati dentro di noi.

Il Vangelo ci dice una cosa importante, una tentazione tipica di chi frequenta ambienti basati sulla religione, ci mostra una grave tentazione cioè la presunzione di conoscere Dio e di poterlo piegare alla nostra volontà.

Chi sta davanti a Gesù presume di conoscerlo: 《Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come può dunque dire: “Sono disceso dal cielo?”》

È la presunzione di conoscere qualcuno, in questo caso Gesù, e sapere già cosa aspettarsi da questa persona.

Vi rivelò qualcosa che dovreste già sapere… noi non conosciamo nessuno fino in fondo e non possiamo conoscere il segreto del suo cuore, neanche dei nostri figli o dei nostri amici. Figuriamoci se sappiamo fino in fondo chi è Dio.

Nonostante questo noi presumiamo spesso di sapere qual è la volontà di Dio e ci permettiamo di sostituirci a Lui oppure proviamo a dire a Dio come deve fare Dio.

Quando noi imprigioniamo Dio nelle nostre categorie allora gli impediamo di agire.

Noi non conosciamo Dio perché abbiamo letto l'Antico Testamento, perché siamo andati a catechismo, perché rispettiamo i dieci comandamenti o perché veniamo in chiesa… noi Dio lo conosciamo attraverso i vangeli e attraverso quello che Gesù ci racconta di se stesso. Se vogliamo capire il modo di agire di Dio dobbiamo guardare al Dio incarnato e a come ha vissuto.

Noi invece mandiamo tutti all'inferno, decidiamo noi come Dio deve agire con noi, ci rinchiudiamo in leggi assurde e in prassi anacronistiche… prassi a volte che profumano più di paganesimo che di una fede viva in Cristo Signore.

Presumendo di sapere chi è Gesù noi non gli permettiamo di agire nella nostra vita, di metterci in discussione, di metterci in crisi profonda e quindi restiamo in una vita bipolare.

La mondanità spirituale è questa roba qui e i Giudei sono pienamente immersi in questo stile di vita. Peccato che anche noi siamo immersi in questa roba qui.

O crediamo veramente che Gesù è reale e che è lui il pane vero disceso del cielo che nutre la nostra vita oppure siamo qui a raccontarci delle favole e stiamo perdendo tanto tempo.

Se Gesù è colui che nutre la tua vita perché non riesci ancora a lasciare andare il male che ti abita? Perché ancora sei lì a giudicare?

Questa settimana per me è stata una brutta settimana… una settimana di arrabbiatura, di dolore e di desideri contrastanti che hanno lacerato il mio cuore.

La rabbia e l'odio hanno offuscato la mia mente, le mie parole e i miei desideri.

So che è stato così per tanti finalesi… 

Abbiamo avuto la tentazione di sostituirci a Dio in questi giorni... È vero?

Il dolore e lo scandalo che stiamo vivendo come chiesa locale non deve però inasprire il nostro cuore e soprattutto non deve bloccarci in una dinamica di superficialità spirituale.

Se Gesù è il pane che nutre la nostra vita allora noi non possiamo permetterci di rimanere superficiali divenendo violenti.

Chi non vuole impegnarsi nella via dell'unificazione della propria vita, chi vuole rimanere nella logica della religione (ricordiamo che la religione è dare a Dio quello che gli è dovuto attraverso prassi, norme e riti) e chi non vuole fare lo sforzo di lasciarsi mettere in crisi costante dal Vangelo allora è meglio che si alzi e se ne torni a casa.

Non sto cacciando nessuno, le porte della chiesa restano aperte, ma credo che oggi sia il tempo della radicalità se vogliamo essere discepoli secondo il cuore di Cristo e se vogliamo che la chiesa resti la chiesa di Gesù. 

Quando si vive, quando si parla, quando si agisce… l'errore non manca mai, ma non possiamo permetterci di continuare a vivacchiare la vita.

C'è un pane che ci può trasformare, c'è un pane che ci può nutrire, ma questo pane deve diventare per forza concretezza e vita.

L'Eucaristia dovrebbe mettere in crisi le nostre convinzioni, dovrebbe mettere in crisi il nostro stile di vita e dovrebbe mettere in crisi ogni aspetto della nostra vita.

Cominciamo con il provare a non giudicare nessuno… a partire da noi stessi e da Dio.

Io non posso capire Dio, non posso capire neanche me stesso figuriamoci giudicare qualcuno.

Facciamoci provocare dal Vangelo, lasciamoci provocare dal mistero del male, ma non restiamo scandalizzati di nulla.

L'essere scandalizzati è una cosa da persone spiritualmente povere e anche razionalmente limitate.

Io posso arrabbiarmi davanti al mistero del male, posso soffrire, piangere e posso provare a ribellarmi, ma non posso rimanere scandalizzato perché altrimenti resto bloccato nell'odio non riuscendo più a vivere.

Quello che posso fare è lasciarmi mettere in discussione dal Vangelo, magari andare in crisi spiritualmente perché veramente la crisi è un tempo di grazia che mi trasforma e posso provare a camminare per primo in ciò che è buono.

Meditiamo su questa cosa, ma poi bisogna anche iniziare ad agire e vivere.

Che il mistero che stiamo celebrando diventi veramente vita nel nostro modo di agire personale quotidiano.

 
 
 

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